STORIA DI REGGIO: LA CANZONE D’ASPROMONTE

Nel 1189 quando Tancredi era re normanno di Sicilia, arrivarono nello Stretto le navi della III crociata, guidata dal re d’InghilterraRiccardo Cuor di Leone e dal re di Francia Filippo II. Il passaggio di una crociata era considerata una vera e propria disgrazia dalle popolazioni che ne venivano coinvolte. Violenze e brutalità da parte dei “crociati” erano all’ordine del giorno, che erano oppressi da una costante carenza di fondi. Il passaggio per lo Stretto da parte di Riccardo e Filippo non costituì certo un’eccezione: in contrasto con Tancredi, il re degli Inglesi non solo occupò il porto di Bagnara, ma, una volta a Messina, si diede a violenze, compiendo stragi di Messinesi. La guerra sembrava inevitabile, quando il re Filippo costrinse Riccardo e Tancredi a rappacificarsi. In quell’occasione, secondo le cronache, il re degli Inglesi regalò a quello normanno, a titolo di risarcimento, la celebre spada Excalibur. Sembrerebbe una leggenda, ma noi sappiamo che, qualche secolo dopo, la spada era ancora custodita nel tesoro reale di Sicilia, a Palermo, perché un re di Aragona richiede al figlio di trovare la “spada di Costantino” e di mandarla in Spagna.

Come che sia, ci piace notare come, proprio in questa occasione, fu recitata a Riccardo la Canzone d’Aspromonte, in cui Orlando, il celebre paladino, conquista la spada Durendal/Durlindana.

Tornò Carlo Magno indietro con Turpino…” comincia, tradotta in italiano, questa canzone di gesta, in cui viene esaltato il valore della città di Reggio (chiamata Risa in Provenzale) nello resistere ai Mori, guidati da Almonte, figlio di Agolante. La città è guidata da due valenti cavalieri, Ruggero e Milone, che menano stragi di Saraceni. Nella trama si inserisce la storia, poi sfruttata da Torquato Tasso nella sua Gerusalemme Liberata, dell’amore tra Ruggero, cristiano, e la guerriera mora Gallicella. Nonostante l’eroica difesa, Reggio cade in mano ai Saraceni, e lo stesso imperatore Carlo Magno, con tutti i suoi paladini, deve accorrere a riconquistare la città. In questa lotta si fa notare il giovane nipote del re, Orlando, che combatte contro un moro di forza straordinaria e gli sottrae il cavallo, il corno Olifante e la spada Durlindana. Per ottenere la vittoria dei Cristiani, il conte Namo, a cavallo di un grifone (tema ripreso da Ludovico Ariosto nell’Orlando innamorato) si inoltra nell’Aspromonte, dove deve superare alcune fiere che gli sbarrano il passo (tema ripreso da Dante Alighieri nella Divina Commedia). La vittoria dei Franchi, dopo alterne vicende, è assicurata nel finale, e Reggio viene liberata dai Mori.

Questa è, in estrema sintesi, la storia di questo canto epico, un tempo molto famoso, ma ci piace segnalare come si tratti di una rielaborazione, fatta probabilmente da un monaco benedettino, di un epos romeo, in cui i Reggini esprimevano il loro orgoglio per le vittorie contro i Saraceni. La storia diventa, infatti, molto plausibile, solo cambiando Carlo Magno ed i Franchi nell’Imperatore Romeo e nel suo esercito. Ricapitolando: Reggio è caduta in mano saracena, e la difesa è stata assunta dalle fortezze dell’Aspromonte, quand’ecco che una di queste fortificazioni sembra sul punto di cadere, compromettendo l’intera linea difensiva e la perdita definitiva della città e della regione. È, quindi, inevitabile lottare con tutte le forze per mantenere il possesso della fortezza e, quando se ne ha l’occasione, ritornare su Reggio e riconquistarla. Ecco che la canzone fantasiosa si trasforma in quello che era: un racconto storico sull’eroismo dei Reggini nella difesa contro gli assalti dell’Islam.

Una sola parola sull’opera dei benedettini: la Canzone d’Aspromonte non è soltanto il primo dei falsi storici in cui è stata avviluppata la storia della Calabria, ma rappresenta una spia per comprendere tutta una serie di toponimi legati a re Artù o a Carlo Magno (si pensi alla Fata Morgana o a Capo d’Orlando), nello sforzo di alterare le vicende realmente accadute, e presentare i Normanni come legittimi governanti del Regno di Sicilia, dove si sforzano di ambientare episodi del Ciclo Carolingio o di quello Bretone.

 

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

 

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