STORIA REGGINA: FEDERICO II E REGGIO

Raggiunta la maggiore età, Federico II riuscì non solo a mantenere ed ampliare il Regno di Sicilia, ma anche a realizzare il peggiore incubo dei papi di Roma: l’impero franco a nord ed a sud dello Stato pontificio.

Con Federico II, nonostante l’importanza del mantenimento di alcune tradizioni normanne, come il bilinguismo greco-arabo della corte e la presenza di una guardia armata saraceno al servizio diretto del re, il Regno di Sicilia si avviava a rientrare nell’alveo dei costumi franchi d’Europa. Non a caso vi fu la prima partecipazione di Calabresi e Siciliani (ovviamente si tratta di cavalieri normanni e tedeschi) ad una crociata, peraltro indetta dallo stesso Federico II, espressione di una cultura occidentale cui erano estranei i popoli di stirpe romea. Anche la tanto sbandierata tolleranza di Federico non comprendeva i sudditi saraceni di Sicilia, che furono combattuti duramente, e contro i quali fu iniziata una politica di colonizzazione mediante contadini settentrionali, pratica che ebbe una certa fortuna nei secoli seguenti, come dimostrano i casi di San Fratello in Sicilia e di Guardia Piemontese in Calabria.

Federico, sempre sull’esempio delle corti europee, raccolse intorno a sé poeti e letterati, dando vita alla Scuola poetica siciliana, primo esempio del volgare italiano. A questa scuola appartenevano illustri esponenti del nuovo ceto emergente reggino, membri della borghesia franca che aveva sottratto le terre agli autoctoni. Il più illustre di costoro è certo il notaio (funzionario reale) Guido delle Colonne (Colonna era il nome del luogo di traghettamento dello Stretto sulla riva calabrese), ma sono attestati anche un Folco da Reggio e Mazzeo Ricca, che dimostrano, con l’onomastica, la loro origine straniera.

Il contributo più importante lasciato da Federico II a Reggio è costituito dalla costruzione del castello, probabilmente nel luogo dove esisteva già il donjon normanno. La grande intuizione di Federico, per tenere a freno i baroni del Regno, fu quella di costruire un certo numero di castelli reali, che dovevano proteggere le libertà comunali delle Università (le città libere) e garantivano la loro fedeltà al re. Le fortificazioni romee, nate per contenere gli abitanti della città in pericolo, erano state trasformate dai Normanni in torri per la difesa della propria famiglia; il successivo stadio evolutivo fu quello di guarnigione, veri e propri ceppi per le città occupate. Del castello di Federico II conosciamo approssimativamente la pianta e possediamo alcune foto relative alle torri del lato settentrionale. La struttura doveva comprendere, sul modello svevo, una costruzione approssimativamente quadrata, con torri quadrangolari a ciascun angolo. Non trattandosi di un castello gentilizio, la parte di rappresentanza dovette essere molto essenziale, ma è sicura la presenza delle più avanzate artiglierie dell’epoca. Probabilmente in quella data dovette essere deviato il corso del torrente Orangi, che nasce sulla collina dell’acquedotto al Trabocchetto, e che doveva naturalmente incanalarsi nel Vallone di Via Giulia, per realizzare il riempimento d’acqua del fossato del castello. Di questa opera rimane traccia nella Piazza Orange, sopra il mercato.

Sulla porta principale del castello verso la città doveva anche essere posta, come di consueto, una statua dell’imperatore Federico II, la cui testa, forse, è oggi possibile ammirare presso la Fondazione “Piccolo Museo San Paolo” di Reggio.

Tra i provvedimenti più importanti presi dall’imperatore fu quello di regolamentare le fiere e i mercati, sul modello che dalle Champagne stava entrando in tutta Europa. Probabilmente il provvedimento fu preso al fine di poter meglio controllare l’esazione dei dazi e dei balzelli e s’inquadrava perfettamente nella politica economica dirigistica intrapresa da Federico II. Tra le poche città del Regno autorizzate a tenere una fiera annuale ci fu anche Reggio, allora una delle città economicamente più attive, al punto da farla annoverare da qualche studioso tra le repubbliche marinare.

Dobbiamo anche segnalare la permanenza dello stupor mundi a Reggio, quando dovette soggiornare nella città per reprimere una rivolta nel 1234, nata a Messina contro gli abusi del Gran Giustiziere Riccardo di Montenegro, e consolidare la fedeltà della città capoluogo della Provincia della “Sicilia citeriore”, detto anche di “Calabria propria”.

Federico II morì nel 1250. Il Regno di Sicilia, retto per soli due anni dal figlio Corrado, venne governato da Manfredi, figlio naturale di Federico, in nome dell’erede legittimo Corradino, di solo due anni.

 

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

 

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