STORIA DI REGGIO: REGGIO CRISTIANA

La storia della diffusione del cristianesimo a Reggio e nel Reggino è uno dei capitoli meno noti della storia della città, non già grazie alla carenza di fonti originali, che pure esiste, ma soprattutto per le speculazioni e le manipolazioni in chiave di politica religiosa cui esse sono state sottoposte, soprattutto dopo la conquista della città da parte di Normanni e la necessità di giustificare il possesso di una terra che era stata semplicemente occupata da invasori senza alcun diritto legale.

Difficile è, dunque, districarsi all’interno di leggende e tradizioni varie, molte delle quali non hanno nemmeno mezzo millimetro di vita, anche se vengono spacciate per antiche. Lo storico non vuole e non deve offendere nessuno, ma raccontare la verità dei fatti, tralasciando commenti e giudizi, è il suo dovere principale. Notizie di statue di culto spacciate per “bizantine”, visto il rifiuto assoluto degli Ortodossi di idolatrare immagini tridimensionali, con buona pace di tutti, sono da espungere per mantenere scientifico il contenuto degli scritti storici. E così avvenga per tutte le altre deformazioni e falsità create ad arte, come una Messina razziata dai Saraceni qualche secolo prima che cominciassero le loro razzie e così via.

In verità, la prima ricostruzione storica della storia ecclesiastica reggina appartiene, presumiamo, al VII-VIII secolo, quando la sede vescovile di Rhegion aveva in animo di ottenere il diritto a chiamarsi Metropoli della Calabria, in virtù della regola romana di mantenere nella stessa città il governatore ed il vescovo di ciascuna provincia.

All’epoca, Rhegion era il capoluogo del Ducato di Calabria, sede del Duca, cioè del generale comandante, subordinato allo stratego del Thema di Sicilia, la cui capitale era Siracusa. Coerentemente con la struttura amministrativa, per la gerarchia ecclesiastica il vescovo più importante era quello di Siracusa, seguito da quello di Reggio.

Parlando di gerarchia, dobbiamo, però, ricordare, che, nel mondo ortodosso cui apparteneva all’epoca anche il papato romano, non esisteva una strutturazione “feudale”, estranea all’ordinamento legale e giuridico vigente, ma solo amministrativa, restando ogni Chiesa locale pienamente autosufficiente, con il suo pastore e il suo gregge, non soggetta a nessun potere esterno e superiore. In caso di contrasti, il vescovo metropolita aveva una autorità di istruzioni delle cause e di ricomposizione delle dispute.

In questo quadro, la Reggio in piena ascesa politica ed economica, volle rimarcare le sue antiche origini, usando il famoso versetto degli Atti degli Apostoli, in cui si ricorda come San Paolo si trovò a sostare in città per un paio di giorni. Appoggiandosi ad una tradizione locale, la Chiesa di Reggio rivendicò la sua antichità, precedente addirittura la stessa Roma, affermando che San Paolo, dopo il miracolo della colonna in fiamme, lasciò a custode del nuove gregge reggino un suo uomo fidato, Stefano di Nicea, divenuto primo vescovo reggino, in seguito decapitato dall’autorità romana, e quindi venerato come santo martire della popolazione.

Sulla figura di Stefano gli storici moderni si sono accaniti, pur in mancanza di qualunque notizia oltre a quelle che abbiamo citato. Attualmente, per molti studiosi, la provenienza da Nicea (attuale Iznik in Turchia) di Santo Stefano sarebbe a significare soltanto la sua obbedienza al credo di Nicea, e sarebbe solo un modo di distinguerlo dagli eretici: niceno sarebbe solo il sinonimo di ortodosso.

Quanto ci sia di vero nella tradizione reggina è alquanto difficile da dimostrare, anche se riteniamo che nel VII sec. è assolutamente impensabile che a Reggio non si avesse cognizione delle origini cristiane della città. È altresì vero che la presenza di Ebrei a Reggio è documentata, e quindi non è certamente improbabile che all’interno della Sinagoga sia germogliato il seme del Cristianesimo, come del resto è avvenuto nel resto del Mediterraneo.

In una grande tegola rinvenuta a Pellaro, località Occhio, in cui è ricordato uno schiavo di nome Clemente del reggino Alphios Primion, morto alla fine del I sec. d.C., si è tentato di vedere nel defunto un cristiano, sia per il nome (che è certamente diffuso tra i Cristiani, ma il suo uso non è esclusivo), che per alcune ingiurie rivoltegli, quali “calvo” (per la tosatura rituale dei capelli, ma la pratica ortodossa dell’epoca non prevedeva un taglio dei capelli come quella medievale latina) e “invertito” (per il bacio della pace che i Cristiani si scambiavano).

Gli argomenti, al momento non sono stati giudicati sufficienti.

Seguendo le tradizioni locali, abbiamo il nome di un altro vescovo di Reggio nei primi secoli della nostra era, San Socrate, che errate letture dei manoscritti hanno confuso con un presunto Souera (Severus), mai esistito.

È stato anche sostenuto che Socrate, come altri, siano stati “chorepiscopi”, cioè “vescovi del territorio”, quando ancora la struttura amministrativa del territorio reggino non era stata definita con chiarezza.

La più antica iscrizione cristiana rinvenuta in Calabria proviene dalla necropoli presso l’antica chiesa di San Fantino a Taureana di Palmi, con datazione al 348, e sempre lo stesso sito ci ha restituito un’altra iscrizione sepolcrale che un Leucosio vescovo pose il figlio centurione, ma la scarsità di informazioni è da porre in relazione con la cronica mancanza di scavi e ricerche archeologiche.

La chiesa sotterranea presso San Fantino di Taureana di Palmi (forse in origine il ninfeo di una villa romana, anche se, personalmente, credo che la coerenza del progetto architettonico sembra attestare un vero e proprio luogo di culto) è la testimonianza del culto di uno dei più antichi santi calabresi, San Fantino il Cavallaio appunto, di cui recentemente è stata realizzata una icona. Il santo, custode dei cavalli di un padrone pagano o ariano, sarebbe vissuto nel IV secolo, e fu protagonista del miracoloso passaggio del fiume Metauro (Petrace), le cui acque si aprirono al tocco del bastone di Fantino.

Dopo la sua morte il culto si diffuse ampiamente (c’è addirittura un mosaico medievale con San Fantino nella chiesa di San Marco a Venezia), e nel luogo della sua sepoltura fu realizzata una cripta che ne accolse il corpo, e poi una vera  e propria basilica, che, grazie a recenti scavi ancora inediti, sappiamo essere stata più volte ingrandita e rinnovata. La chiesa fu il Katholikòn (cappella principale) del monastero di San Fantino, anch’esso molto importante per secoli, fino alla devastazione dei conquistatori franchi ed allo sconvolgimento di tutte le cose da essi voluto e perseguito.

 

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

 

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