Mag 5 2017

STORIA DI REGGIO: L’ARRIVO DI SAN PAOLO E LA CRISTIANIZZAZIONE DI REGGIO

Sulla rotta che da Alessandria portava a Reggio, per poi proseguire per Pozzuoli e Roma, arrivò nella città dello Stretto anche San Paolo. Secondo gli Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca, la nave che doveva portare San Paolo a Roma, dove l’Apostolo avrebbe dovuto affrontare un processo e dove sarebbe stato martirizzato, fece lo scalo solito a Reggio. Il nome della nave era “Dioscuri”, le “stelle del mattino e della sera”, come si può vedere nella statua di San Paolo posta davanti all’omonima chiesa alla Rotonda.

Secondo l’antica tradizione reggina, San Paolo sarebbe arrivato in città durante la festività di Artemide Fascelide, che potremmo definire, per importanza, l’equivalente antico di “festa ‘i Maronna”. Vedendo i Reggini festeggiare la loro divinità poliade, salito sulla pedana del tempio, che si doveva trovare vicino all’approdo dove era sbarcato, l’Apostolo avrebbe chiesto del tempo per potere parlare. I Reggini, con il solito temperamento portato alla canzonatura, accordarono solo il periodo pari al consumo di una corta candela. Paolo di Tarso, forse, come aveva fatto alla Pnice di Atene, avrà parlato ai Greci di Reggio della Divinità senza nome, il Dio monoteista che gli stessi pagani erano arrivati a concepire non per fede, ma con la loro filosofia. Il grande predicatore stava certamente infiammando i cuori Reggini, quando la fiamma del piccolo moccolo si esaurì. Ecco, allora, secondo le tradizioni reggine, verificarsi un prodigio: finita la candela, per permettere all’Apostolo di parlare, prese fuoco la colonna stessa su cui era poggiata. Questa colonna, indicata dalla memoria dei padri, esiste ancora ed è visibile nell’altare di destra nella cattedrale metropolitana, sulla cui facciata e pure scritto, in greco, il versetto degli Atti che testimonia di San Paolo: “costeggiando, giungemmo a Reggio”.

Sempre stando alla tradizione, il discorso dell’Apostolo riuscì a convertire molti Reggini, al punto che Paolo dovette lasciare un suo discepolo, Stefano da Nicea, come vescovo della nuova comunità. Il presule che a Reggio veneriamo come nostro primo vescovo, fu anche il primo santo martire della città che sarebbe stata conosciuta, nei secoli futuri, come terra dei santi. Secondo la sua Vita, il vescovo Stefano, sarebbe stato decapitato durante una persecuzione (forse quella di Nerone), per non aver rinnegato la sua fede.

La presenza dei Cristiani in tempi così vicini alla vicenda umana di Cristo non deve sorprendere: il ruolo economico giocato da Reggio aveva attirato almeno due comunità di Ebrei. Di una sinagoga a Reggio sappiamo da un frammento di ceramica con iscrizione che la ricorda, mentre a Bova Marina, in località San Pasquale, è stata ritrovata una sinagoga di epoca tardoantica, vicino ad un grosso centro abitato, il cui sito mantiene il nome di Pagliapoli (Palaiapolis= “città vecchia”).

Anche a Vibo, che abbiamo visto essere stato un buon approdo in epoca greca e romana, è attestata un’altra sinagoga. Proprio l’ambiente giudaico-cristiano della città cosmopolita di Reggio, oltre i suoi contatti strettissimi con il Patriarcato di Antiochia e la Siria, deve avere giocato un ruolo fondamentale per la diffusione del Vangelo.

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

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