REGGIO CALABRIA, CENNI DI STORIA: IL SETTECENTO, L’OTTOCENTO, I TERREMOTI

Certo era, e ciò sarà una costante anche per una parte del ‘700, che gli sconvolgimenti politici o dinastici erano poco seguiti da un popolo alle prese con gravi problemi di sopravvivenza. Intanto anche le sorti della monarchia spagnola erano in lento, progressivo e inarrestabile declino.  Nel 1707 il Regno di Napoli passava così al ramo viennese degli Aspurgo, fino al conseguimento dell’indipendenza nel 1734, quando si insediò sul trono Carlo di Borbone.

Ma il 5 febbraio 1783 doveva rappresentare la data più memorabile della storia di questa provincia. Quel giorno, a sera inoltrata, e per due interminabili minuti, un terremoto di potenza straordinaria rase al suolo il territorio. Non ci fu bisogno di contare i paesi distrutti, perché lo erano tutti quelli compresi tra l’istmo di Catanzaro e lo Stretto di Messina. La popolazione venne decimata. I giorni successivi furono, per i sopravvissuti, ancor più difficili e i soccorsi arrivarono con molto ritardo, in una situazione di miseria e caos totale. Per risollevare le condizioni della popolazione colpita dal terremoto, il governo istituì la Cassa Sacra che aveva il compito di vendere i beni della chiesa e dei monasteri. Molti paesi vennero ricostruiti in località ritenute più sicure.

Dieci anni dopo la Rivoluzione Francese, le truppe del generale Championnet entrarono a Napoli e aiutarono i patrioti a proclamare quella che divenne nota come la Repubblica Partenopea. In quasi tutti i paesi del Regno fu innalzato l’albero della libertà. La reazione borbonica fu affidata al Cardinale Ruffo, promotore dell’armata sanfedista, e riportare i Borboni nel Regno di Napoli produsse tragiche conseguenze.

Il ritorno di Ferdinando nella capitale ebbe breve durata, giacché tra l’8 e il 9 febbraio 1806, le truppe di Giuseppe Bonaparte e del generale Massena annientavano l’inconsistente resistenza dell’esercito napoletano ed entravano a Napoli. Giusto il tempo di organizzarsi e un esercito di novemila soldati, guidato dal generale Reyner, mosse in direzione della Calabria che fu conquistata con estrema rapidità.

Le riforme introdotte dai francesi, in primo luogo l’eversione della feudalità e l’abolizione dei beni ecclesiastici, furono rivoluzionarie e sconvolsero i secolari equilibri e arbitrii che spesso avevano sostenuto l’azione del baronaggio. Nonostante ciò, ancora nel 1810 ogni tentativo di riportare calma e sicurezza tra i cittadini del Regno con metodi pacifici, ogni sforzo compiuto dalla corona per incontrare il consenso popolare, non ultima l’abolizione dello stato di guerra e della commissione militare, era vanificato dall’incalzare del brigantaggio alimentato dai Borboni e dagli Inglesi. Con la Restaurazione, i Borboni trovarono il loro Regno profondamente mutato anche se erano passati appena due lustri.

I decenni successivi furono caratterizzati da un progressivo anelito antiborbonico e unitario fino al fatidico 19 agosto 1860, quando Garibaldi, con Nino Bixio e quattromila uomini, sbarcò sulla spiaggia di Melito Porto Salvo.

I primi anni post-unitari, densi di speranze, contraddizioni e delusioni, videro purtroppo nascere un fenomeno che di lì a poco avrebbe assunto dimensioni notevoli: l’immigrazione. Nell’ultimo ventennio dell’800 si verificò un vero e proprio esodo, principalmente verso le Americhe.

In tale quadro la provincia di Reggio si presentò al nuovo secolo, sopportandone le tragiche vicende. Ma proprio quando si andava affievolendo la memoria delle tristi calamità naturali del passato, alle 5,23 del 28 dicembre 1908 un altro disastroso terremoto e conseguente maremoto provocarono danni incalcolabili alla città di Reggio e alla sua provincia, e oltre centoventimila morti. La ricostruzione fu lenta, anche per via dello scoppio della prima guerra mondiale.

 

[Tratto da: Reggio Calabria e la sua provincia – Itinerari tra arte, storia e natura – Iiriti editore]