L’ATENE DELLA CALABRIA. LA TOMBA DI ALARICO.

Cosenza venne detta “l’Atene della Calabria”, per la sua tradizione culturale che affondava le radici nell’Accademia Cosentina nata all’inizio del secolo XVI per merito dell’umanista Aulo Giano Parrasio e frequentata anche dal celebre filosofo Bernardino Telesio.

Fondata dai Bruzi in epoca remota, lo storico greco Strabone la descrisse col nome di Consentia (con significato di confluenza, in quanto la città era sorta nel luogo in cui il Busento si congiungeva con il Crati), toponimo che mantenne anche in epoca romana.

Fiorente centro della Magna Grecia di cui si hanno tracce nelle monete di bronzo, negli oggetti artistici e in diverse epigrafi, fu assoggettata da Alessandro il Malosso, re dell’Epiro, giunto in Italia per combattere contro i Lucani su invito dei Tarantini. Qui, però, Alessandro venne duramente sconfitto dai suoi nemici ed ebbe la ventura di essere sepolto proprio a Cosenza.

Avendo poi parteggiato per il generale Annibale, Cosenza venne occupata dai Romani nel 204 a.C., non perdendo però la sua importanza economica, tanto che Augusto vi inviò un gran numero di coloni e volle che vi passasse la via Popilia per le comunicazioni con Reggio Calabria e la Sicilia.

In età barbarica vi giunse anche Alarico, re dei Visigoti che, carico di bottino dopo aver saccheggiato Roma, voleva passare dalla Calabria in Africa. Giunto però in città, morì improvvisamente di malaria. Pianto da tutto il suo popolo, fu sepolto nel Busento con i suoi tesori, dopo che il fiume venne deviato per scavargli la fossa. La cerimonia d’addio si tenne di notte, alla luce di una quantità infinita di torce, in modo che in seguito fosse a chiunque impossibile riconoscere il luogo della sepoltura. Una volta colmata la fossa, infatti, i Visigoti, ricondussero il fiume nel suo letto primitivo cantando ad una sola voce: “Dormi, o Re, nella tua gloria! . Man romana mai non violi la tua tomba e la memoria!”.

In effetti la tomba di Alarico non venne mai trovata dal 410 d.C.

 

 

Tratto da “storie e leggende calabresi” di Vincenzo Musca