Giu 9 2017
STORIA DI REGGIO: LA LOTTA PER LA CALABRIA
Fino quasi alla fine del IX secolo abbiamo visto l’amministrazione ed il governo imperiale giocare sempre di rimessa, quasi incapace di reagire in modo deciso agli attacchi portati dai suoi numerosi nemici, Longobardi e Franchi dal nord, e Arabi dalla Sicilia. Di fronte alla continua pressione portata dagli invasori, la risposta imperiale romea ci è sembrata sempre improntata all’improvvisazione. Anche quando l’esercito romeo aveva tentato di opporsi con una certa fermezza, le operazioni militari sono sembrate contrassegnate dalla mancanza di continuità: di fronte ai primi problemi l’esercito romeo sembrava preferire mettersi al sicuro all’interno di fortificazioni. Dal punto di vista strategico, la guerra condotta mediante le fortezze, che teorizzava il rifiuto degli scontri in campo aperto, anche se capace di ritardare la conquista nemica, non è assolutamente in grado di fermarla in modo definitivo.
La situazione sul terreno cominciò a cambiare nell’anno 880, quando ebbe inizio la controffensiva romea in Italia meridionale, tesa a colpire il nemico longobardo della Calabria settentrionale. L’ispiratore e l’esecutore di questa offensiva fu il generale Niceforo Foca, che, in pochi anni, tra l’885 e l’886 riuscì a riprendere le posizioni perdute in Italia meridionale. Le nuove conquiste riuscirono a fare fondare un nuovo Thema, chiamato, sulla base dell’etnia della popolazione, di Longobardia, comprendente l’attuale Basilicata e la Puglia, e che comprese al suo interno l’antico ducato di Otranto.
Le vittorie imperiali nella parte settentrionale della Calabria non erano seguite, però, da successi altrettanto evidenti a Reggio, tanto più che un gruppo di razziatori saraceni riuscì ad istallarsi per molti anni a Sambatello, attaccando ripetutamente la popolazione, fino a che non furono sconfitti dalla guarnigione reggina.
Da molti indizi comprendiamo che a Reggio non doveva esserci una prevenzione verso gli islamici, giacché non solo sappiamo della presenza di una moschea alla metà del X secolo, distrutta poi da un ammiraglio romeo, ma anche di notizie erudite di sepolture musulmane nel terreno immediatamente fuori dalla cinta muraria meridionale, nell’area dell’attuale Piazza Duomo. Importante è notare che la moschea reggina godeva, secondo gli accordi presi direttamente a Costantinopoli, del diritto di asilo per gli abitanti musulmani della città.
Anche l’onomastica ci parla di una certa mescolanza etnica, che certamente i secoli successivi ha incrementato, dato che il cognome attualmente più diffuso è proprio il greco Romeo, mentre il secondo è l’arabo Morabito, che significa “uomo pio”, derivando dal nome dei monaci combattenti islamici posti alle frontiere, e non mancano altri cognomi arabi, come Modafferi (“il vittorioso”). È, poi, opinione diffusa tra gli studiosi che il commercio della seta grezza reggina fosse destinato anche alle piazze siciliane, dove poi la seta veniva filata e tessuta. Da questo commercio, che avrebbe dovuto aggirare il rigido monopolio imperiale sui prodotti serici, sarebbe affluito a Reggio molto oro, sotto forma di robai, o quarti di dinar.
In questi anni è da collocare la “rivoluzione colturale”, che portò in occidente le arance, i limoni e, solo a Reggio, il bergamotto. Ciò può essere considerato conseguenza del cosmopolitismo che caratterizzava il porto e la città di Reggio.
Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio
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