STORIA DI REGGIO: LA PRIMA GUERRA PUNICA

La fine della Legione Campana di Reggio e lo smembramento della Sila Silva non avevano però fatto finire i problemi relativi agli Oschi sullo Stretto. I Mamertini, infatti, mantenevano tutto il loro potenziale eversivo, anche dopo la sconfitta da loro patita presso il fiume Longano (presso Milazzo) per merito del basileus di Siracusa Ierone II.

La tipica incostanza delle popolazioni osche si dimostrò determinante per lo scoppio di una guerra, peraltro inevitabile, tra Roma e Cartagine. I fatti: dopo la sconfitta di Longano i Mamertini si sentirono minacciati dai Siracusani, stringendo accordi con i Cartaginesi, anzi facendo entrare a Messana un presidio punico. Dopo un poco di tempo, però, riflettendo, i Mamertini cambiarono idea, e, in nome di una “parentela” fra le due stirpi, si sciolsero dall’alleanza con i Cartaginesi ed abbracciarono quella di Roma.

La conquista romana di Rhegion, da cui forse dipendeva il ripensamento dei Mamertini, aveva messo a disposizione dei consoli una base perfetta per le operazioni militari in Sicilia. Anche se dopo molte resistenze, il Senato approvò la ratifica dell’alleanza, ben conscio che questa scelta avrebbe portato alla guerra con Cartagine. Il porto di Reggio divenne, perciò, il punto di partenza per un’importante spedizione, che, apparentemente, mirava solo a tutelare Messana Mamertina dalle mire di Ierone II e dei Cartaginesi (ora divenuti alleati in chiave antimamertina), ma che, in effetti, aveva come posta in gioco l’intera Sicilia. Roma, allo scopo di controllare tutte le principali materie prime, dopo essersi assicurata il legname calabrese, ambiva a prendere il grano siciliano.

Il comando iniziale delle operazioni, nel 264 a. C., venne affidato al console Appius Claudius, che aveva caldeggiato l’alleanza con i Mamertini. La prima battaglia importante avvenne proprio sotto le mura di Messana, tra Siracusani e Romani. Probabilmente i Siracusani vinsero persino lo scontro, ma le perdite da loro subite fecero subito intendere a Ierone II che la guerra sarebbe stata sanguinosa. Per un Greco, i due motti “vincere, ma non stravincere” e “soldato che scappa, buono per un’altra volta” erano di fondamentale importanza nella condotta della guerra: vincere, ma con un numero di perdite elevato, era per i generali ellenici peggio che rimanere sconfitti, salvaguardando però l’integrità dell’esercito. Il re siracusano, con uno di quei cambi di rotta tipici dell’epoca ellenistica, a causa delle perdite avute, passò immediatamente dalla parte punica a quella romana, rimanendo per tutta la guerra il più fedele ed il più prezioso alleato di Roma.

La guerra, che finì solo nel 241 a. C., fu lunga e sanguinosa. Dopo che gli scontri terrestri, in Sicilia, avevano dimostrato l’incapacità, da parte dei due contendenti, di arrivare ad una battaglia risolutiva, la guerra si trasferì, di fatto, in mare, con una serie di naumachie (“battaglie navali”) e di tempeste devastatrici delle flotte romane. In questo tipo di guerra, Rhegion, socia navalis, si trovò impegnata nel fornire navi da guerra ed equipaggi, insieme a tutte le città greche del sud Italia, oltre che funzionare come base logistica arretrata per il ricovero delle navi da guerra.

In questo periodo, anche se le spese di guerra dei Romani furono pagate, di fatto, dal re Ierone (che forniva anche il vettovagliamento per le truppe), Rhegion si trovò a dovere battere monete di bronzo, diverse serie nel corso di tutta la guerra, per fornire il sostentamento agli equipaggi arruolati ed alla guarnigione romana nella città. Solo in alcune occasioni, i Punici, nel tentativo di allargare il teatro delle operazioni, si spinsero a razziare il territorio calabrese, ma le guarnigioni romane e le milizie greche locali seppero tenere a freno la solita predisposizione dei Bruttii alla ribellione contro Roma.

Dopo più di vent’anni, la battaglia delle isole Egadi, presso Trapani, portò Cartagine alla sconfitta definitiva ed alla fine della guerra.

 

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

 

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