STORIA DI REGGIO: LA GUERRA ANNIBALICA

La pace sospirata portò nuovi benefici a Rhegion, permettendo la ripresa delle consuete operazioni commerciali. Ma Cartagine, per quanto vinta, non era però domata. Cresciuto nell’odio verso il nome stesso di Roma, Annibale, della potente famiglia dei Barca (baraq= “fulmine”?), dopo aver partecipato alla conquista della Spagna meridionale, che doveva ripagare Cartagine della perdita della Sicilia, con un esercito valicò le Alpi, e nel corso di tre battaglie, Ticino, Trebbia e Trasimeno, mise in ginocchio il sistema militare romano. Il colpo di grazia fu inferto nel 217 a. C. con la disastrosa battaglia di Canne, in Puglia, dove il grande condottiero punico letteralmente disfece le legioni romane e quelle degli alleati.

La sconfitta ebbe l’effetto di risvegliare antiche aspirazioni alla libertà e, quindi, di fare passare dalla parte di Annibale tutte le città greche ed i popoli italici della Magna Grecia. In questo frangente, la tattica romana per conservare il possesso dell’attuale Calabria, applicata poi tante volte nel corso dei secoli, fu quello di abbandonare tutte le città e di trincerarsi a Reggio, nella convinzione, sempre rilevatasi esatta, che il mantenimento della polis dello Stretto sarebbe bastato a dissanguare l’avversario ed a costringerlo a recedere dalla regione.

Dopo Canne anche i Bruttii ripresero le armi contro Roma, decisi a fare di questa guerra l’occasione per regolare la situazione in Calabria una volta per tutte. Più che combattere contro i Romani, infatti, i Bruttii, si sforzarono di conquistare le poche città greche ancora rimaste libere, prendendo Crotone e Locri, e aspirando con tutte le forze a distruggere Rhegion. A riprova di ciò, teste Tito Livio, in un’occasione i Bruttii dichiararono ad Annibale il proposito di voler recedere dall’alleanza con i Cartaginesi “perché Rhegion era ancora in piedi”, mostrando così come il loro progetto era rimasto sempre quello di sostituirsi completamente ai Greci.

L’abilità strategica romana riuscì, gradualmente, a relegare sempre di più Annibale nella Lucania ed in Calabria, contando sull’impossibilità di un esercito numeroso di nutrirsi adeguatamente in queste regioni. Di più, l’assenza di buoni porti (tranne Crotone e Hipponion) e con Rhegion saldamente in mano romana, costringeva Annibale a non allontanarsi troppo da queste due località, per non allungare la catena logistica di sussistenza.

In questo contesto, la guarnigione di Rhegion fu protagonista di alcuni rilevanti episodi. Il primo di essi ha come oggetto la riconquista temporanea della città di Taisia, che era passata, con il resto dei Tauriani, dalla parte di Annibale. La storia ci narra le vicende di un Brettio di Taisia, che fu punito senza motivo dal comandante del presidio cartaginese. Egli decise perciò di vendicarsi consegnando la città ai Romani. Per raggiungere il suo scopo, essendosi messo d’accordo con il presidio diRhegion, introdusse nella cittadella gruppi di legionari romani, spacciandoli per prigionieri di guerra.

Quando il loro numero fu ritenuto sufficiente, il Brettio li liberò e fornì loro delle armi. In questo modo, la guarnigione cartaginese fu annientata, e Taisia passò per circa un anno dalla parte di Roma. Annibale saputo la cosa, si precipitò a riconquistare Taisia, che aveva un discreto porto, indispensabile per i Cartaginesi.

I Bruttii di Taisia, spaventati dall’avvicinarsi del condottiero cartaginese, fecero uscire il presidio romano e si consegnarono ai Punici. È, con ogni probabilità, di questi tempi la moneta dei Tauriani, con testa di Marte/guerriero stante, che si trova al Piccolo Museo di San Paolo di Reggio, un’oncia di bronzo battuta nell’unico anno che i Romani tennero Taisia in loro potere.

Annibale, per ben due volte, tentò di impadronirsi con forza di Rhegion, rimanendo sempre sconfitto. A nostro avviso, l’edicoletta con Vittoria alata e l’iscrizione TRIS NIKA (“tre volte vittoria”) che è stata rinvenuta in situ nelle mura della Collina degli Angeli, parte della cinta muraria di Reggio greca, è un trofeo che segnala il punto in cui Annibale tentò di scalare le mura e fu vinto dai Reggini.

Dal porto di Rhegion, poi, partì una sfortunata spedizione navale contro Taranto, guidata da un avventuriero romano, che terminò con una sonora sconfitta della flottiglia romana.

La riconquista di Locri, operata da Scipione, ebbe come protagonista gli immancabili soldati del presidio romano di Reggio, sempre presenti nelle operazioni nella Calabria meridionale.

Sempre a Rhegion, infine, furono dislogati molti  Numidi, ex mercenari dei Cartaginesi in Sicilia, totalmente indisciplinati, che furono adibiti alle razzie nei confronti dei Cartaginesi  e dei Bruttii. La guerra, ormai, aveva completamente esaurito la Calabria, con una serie infinita di saccheggi e di distruzione di tutti i centri dopo la fine delle ostilità, il volto della regione, un tempo ricca di insediamenti umani e di città, divenne quello che oggi conosciamo, con la distruzione di ogni agglomerato antropico di una certa importanza.

Annibale, dopo aver combattuto per tanti anni, fu costretto a lasciare la Calabria dal promontorio Lacinio presso Crotone, per difendere Cartagine, attaccata da Scipione, che aveva preso a modello Agatocle spostando la guerra in Africa. La regione, però, non aveva finito di soffrire: i Romani, con la scusa della guerra annibalica, avevano stabilito di porre fine alla minaccia brettia una volta per sempre.

Proseguì, così l’opera di smantellamento di tutti i centri fortificati dei Bruttii: ogni posto difendibile fu privato degli abitanti e le sue mura distrutte. Così, a Mamertion, la collina fortificata fu fatta abbandonare e si ricostruì la cittadina in una pianura poco lontana, assolutamente indifendibile. Nel centro della regione, i Romani costruirono una serie di colonie militari, in grado di mettere alla Calabria i ceppi della servitù per sempre.

Reggio, che era stata la base delle operazioni più importante in Calabria, aveva pagato un grosso prezzo in termini di benessere, dovendo mantenere la guarnigione romana nella città e dovendo sopportare i continui attacchi brettii nel contado. Molte coniazioni vanno datate in questa fase della vita della città, la cui zecca, proprio alla fine della guerra e delle operazioni di “bonifica” della Calabria, cessò definitivamente di coniare moneta.

Pur se in pratica perennemente assediata da Bruttii e Cartaginesi, nelle coniazioni di Reggio durante la Seconda Guerra Punica si riscontrano alcuni tratti caratteristici della polis, che sembra legata alle proprie tradizioni, soprattutto religiose, ma anche aperta nei confronti della novità. Le divinità maggiormente rappresentate sono, ovviamente, Apollo e Artemide, abbinate spesso al tripode ed alla lira, oltre che al leone o al lupo (tutti simboli di Apollo).

Accanto a queste figure, ritornò quello di Asceplio, in trono, insieme ad un bifronte oppure solo nel volto, insieme a Igea (la “Salute”). Per la prima volta nella sua storia, almeno nella moneta di bronzo, ci fu spazio per Atena, Hermes o per i Dioscuri, e non mancarono anche le sorprese, come i busti accollati di Iside e del suo consorte Serapide.

La città stretta in una morsa non rinunciò anche a prendere modelli iconografici lontani, come l’Apollo sull’omphalos (“l’ombelico del mondo” a Delfi) ripreso dalla monetizzazione seleucide siriana, ed una Atena stante con Vittoriola (una Vittoria su globo), che guardava a modelli del Medio Oriente.

 

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

 

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