STORIA DI REGGIO: REGGIO E I ROMANI

Reggio entrò definitivamente nell’orbita di Roma alla fine della Guerra Pirrica, nel 270 a.C. La guerra tra i Romani ed il re dell’Epiro, che aveva insanguinato l’intera Magna Grecia, ebbe come atto finale l’assedio di Rhegion da parte delle legioni. Trincerati all’interno della cinta muraria erano i Campani della cosiddetta Legione Ottava, la guarnigione romana che finse di ribellarsi ai consoli ed al Senato per impedire che il partito democratico Reggino consegnasse Rhegion a Pirro, come avevano già fatto tutti gli Elleni della Magna Grecia e le popolazioni italiche del sud. Ai Reggini sopravvissuti, che pure avevano liberamente chiamato i Romani, ed altrettanto liberamente li avrebbero potuti allontanare, non restò che la via dell’esilio.

Ma per i ribelli campani era in arrivo una brutta sorpresa. Il Senato, forse per timore delle ripercussioni internazionali, continuò a fingere di credere nella finta ribellione, e si preparò a punire i fuorilegge assediandoli, anche se i Campani avevano partecipato attivamente al fianco dei Romani in questa guerra che coinvolse tutti i soggetti politici e militari dell’Italia meridionale, combattendo contro i Bruttii, i Greci e gli uomini di Pirro. Dopo la fine dei combattimenti, e la resa della guarnigione, i superstiti furono condannati tutti a morte e la città restituita ai legittimi proprietari.

Si apriva per Reggio un periodo di alleanza e di stretta collaborazione con Roma. In particolare, il partito conservatore aristocratico, capì, con straordinario anticipo rispetto a quello delle altre poleis della Magna Grecia e della Grecia vera e propria, che il futuro di benessere e pace poteva essere garantito dalla potenza militare di Roma, allora in iniziale espansione. Le successive vicende della Prima (264 a.C.) e, tanto più, della Seconda Guerra Punica (218 -201 a.C.), confermarono ‘l’intuizione della classe dirigente reggina, che probabilmente ebbe luogo subito dopo la morte del basileus Agatocle nel 289 a.C., l’ultimo greco in grado di mantenere l’ordine nell’attuale Calabria.

La Seconda Guerra Punica, dominata dalla figura di Annibale, in particolare, si rilevò quale evento determinante per il futuro dell’attuale Calabria. Dopo la lunga guerra, combattuta dai Bruttii fino all’estremo delle proprie risorse, i Romani decisero di risolvere definitivamente il problema dell’ordine della Magna Grecia meridionale, usando le maniere forti contro gli Italici ed i Greci non allineati. Come ci attesta lo storico romano Livio, alla fine della guerra tutti i centri urbani, le fortezze e le torri dei Bruttii erano stati atterrati e ridotti in rovina. Per esercitare un controllo stabile, i Romani misero dei ceppi alla regione, costituiti dalle loro colonie di Valentia, Crotone eScolacium nel centro, e di Copia al nord della Calabria, chiudendo contemporaneamente tutte le zecche greche ed italiche, ed istituendo quella di Valentia e Copia. Le città fortificate dai Bruttii furono distrutte e letteralmente spostate in luoghi non difendibili.

In questo contesto, però, i Romani seppero usare, come si dice, sia la politica del bastone che quella della carota. Se le decisioni prese da Roma decretarono la fine economica e politica dei Bruttii, oltre che Locri e Crotone – soprattutto dopo la costruzione della Via Popilia, che spostò l’asse dei traffici e del commercio della costa ionica a quella tirrenica -, esse stesse garantivano un lungo periodo di prosperità per le città dei fedeli. La prima di tutte, l’unica a non aver mai tentennato nella guerra contro Annibale, era proprio Rhegion, che ricavò molti benefici dalla sua fedeltà a Roma, che le era costata ben due assedi da parte deiCartaginesi e dei Bruttii ed un lungo periodo di isolamento. Insieme a Reggio, anche la vicina Tauriana (presso Palmi), che ottenne gli stessi vantaggi dal favore romano di cui stavano godendo le città greche e sicule della Sicilia orientale.

I buoni rapporti continuarono per molti secoli. Dopo essere stata a lungo socia, cioè città alleata soggetta determinati obblighi, anche militari, soprattutto nella fornitura di navi da guerra, nell’89 a.C. Rhegion venne elevata al rango di municipium ed i suoi cittadini divennero cives romani a pieno titolo, assumendo il sistema dei tria nomina romani. Sembra che, stante la Lex Iulia con cui tale provvedimento divenne definitivo, il nomen maggiormente utilizzato dai Reggini fu appunto Iulius, mentre l’onoma greco prese il posto del cognomen latino.

Contrariamente a quanto comunemente si ritiene, Rhegion non venne però latinizzata dai Romani, ma mantenne tutte le sue tradizioni, oltre che la propria lingua ed i culti conformi all’uso dei padri. In questo risiedeva la forza di Roma: prendere alle città sottomesse il controllo della politica estera, ma lasciarle completamente libere dal punto di vista dei culti, della lingua e delle tradizioni. Ovviamente c’erano state delle eccezioni, quali quella riguardante i culti dionisiaci, espressamente e tassativamente proibiti in seguito al senatu-sconsultum de Bacchanalibus del 187 a.C., ma in questo caso si era trattato di reprimere movimenti politici apertamente schierati contro la presenza romana nell’attuale Calabria.

Altrettanto naturalmente la lingua ufficiale era il latino, soprattutto da quando il territorio soggetto a Roma venne organizzato in un impero, ai tempi di Augusto. Questo significava che tutti gli edifici pubblici o i cippi militari portavano un’epigrafe scritta in latino, ma ciò non aveva assolutamente niente a che fare con la lingua parlata a Reggio dai Reggini, che rimase sempre il greco, anche se, come è naturale, molti di coloro che abitavano all’interno delle mura della città conoscevano anche il latino per le attività connesse al commercio.

La città, profittando della favorevole contingenza politica ed economica, aveva potenziato il suo duplice ruolo di porto e fortezza, divenendo uno degli approdi economicamente più sviluppati dell’intero Mediterraneo. Alcune famiglie reggine si inserirono nelle lotte politiche di Roma stessa, al punto da essere coinvolte nelle varie vicende legate alle guerre civili alla fine del I secolo a.C. Così Cicerone si trovò ospite di una famiglia amica a Leucopetra (Capo d’Armi), e vari personaggi della famiglia degli Antisti Reggini furono perseguitati dal partito di Marco Antonio perché partigiani di Ottaviano. Il primo personaggio di questa famiglia, che il cognomen denuncia essere originaria di Reggio, è un C. Antistius Reginus,  uno dei più fidati e brillanti legati (generali) di Cesare nella campagna di Gallia.

Il I secolo a.C. fu anche un periodo di avvenimenti che coinvolsero la città. Soprattutto tre di questi ribadirono il ruolo di porto/fortezza che Reggio doveva assumere nell’ambito dello stato romano. Si tratta della discesa di un esercito di Italici ribellatisi ai Romani negli anni della guerra civile tra Mario e Silla, dell’epilogo della ribellione di Spartaco nel 70 a.C. e della guerra contro Sesto Pompeo nel 36 a.C. Sia nel caso del Bellum Sociale che in quello di Spartaco, i Romani, forti dell’esperienza della Guerra Annibalica, abbandonarono il resto dell’attuale Calabria per difendere solo Reggio, fermi nella convinzione che il possesso di questa sola città fosse sufficiente per riprendere, alla lunga, quello dell’intera regione. Entrambi gli eserciti, del resto, erano in cerca di un porto in cui effettuare il traghettamento delle proprie truppe in Sicilia.

Ma se Reggio era la porta che si poteva chiudere per impedire l’accesso in Sicilia, questo ruolo poteva essere giocato dalla città anche per impedire l’ingresso in Italia di eserciti nemici che si trovavano nell’isola, come è dimostrato dalle vicende della guerra contro Sesto Pompeo, vinta, dopo molte sconfitte, da Ottaviano.

 

Tratto da “La storia di Reggio a fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo del professore Daniele Castrizio

 

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