RACCONTI DI CALABRIA: LA CITTA’ DI ERCOLE

Crotone fu una delle più potenti città della Magna Grecia, fondata dagli Achei nel 710 a.C.

La tradizione racconta che i coloni achei abbiano raggiunto l’Italia per obbedire all’oracolo di Delfi che ordinò ad un gobbo di nome Miscello, nato a Rhypes, nell’Acaia, di costruire una città greca in terra straniera.

Secondo un’altra tradizione però, sarebbe stato lo stesso semidio Ercole a fondare la città in onore di un suo amico, chiamato appunto Crotone, da lui ucciso per errore.

Appena due secoli dopo, Crotone divenne uno dei più importanti centri della Magna Grecia e poteva permettersi di fondare diverse colonie come Terina, Scillezio e Caulonia tra Riace e Roccella Jonica.

La città assunse ben presto una grande rinomanza per l’abilità dei suoi medici, la bellezza delle sue donne e la forza dei suoi atleti.

Se diverse bellezze locali servirono da modello all’ammirato ritratto di Elena, dipinto da Zeusi, che impreziosiva il tempio di Hera Lacinia , tra i suoi atleti rimase celebre Milone perché tra i più grandi lottatori del V secolo a. C. Famoso per la sua eccezionale forza, Milone vinse per ben sei volte i giochi olimpici, senza mancare mai alle lezioni di Pitagora.

Un giorno, mentre assisteva ad una lezione del grande maestro, essendosi accorto che il soffitto della stanza stava crollando, fece lui stesso da colonna permettendo a tutti gli altri di mettersi in salvo.

Durante la leggendaria battaglia del 510 a. C. avvenuta presso il fiume Crati, Milone indossando una pelle di leone e brandendo un’enorme clava, sconfisse facilmente i nemici di Sibari. Un giorno, in tarda età, mentre stava spaccando con le sue stesse mani un enorme albero, rimase impigliato con le braccia nella fenditura del tronco. Ne profittarono così i lupi che lo assalirono sbranandolo quasi completamente.

Pitagora invece, filosofo e matematico greco, ai crotonesi insegnò ad essere virtuosi, onesti e lavoratori e a rispettare la religione e le leggi dello stato.

Dopo essere stati sconfitti nel 560 a.C. dagli abitanti di Locri, i crotonesi poterono ingrandire i loro possedimenti territoriali solamente dopo la vittoria sui Sibariti, ma la nuova sconfitta che inflisse loro Dionisio di Siracusa li portò lentamente nelle braccia di Roma che li sottomise nel 194 a.C., punendoli per aver ospitato il suo irriducibile nemico Annibale.

Ridotta ad un modesto centro del sud in epoca imperiale, Crotone ebbe una certa importanza nel Medioevo come fortezza Bizantina nella guerra contro i Goti e poi come capitale del Marchesato dei Ruffo.

Di quest’epoca si possono ammirare oggi in città il cinquecentesco Castello, situato dove una volta s’elevava l’Acropoli, fatto costruire dal viceré Pietro da Toledo, e il duomo che custodisce un dipinto della Madonna di Capo Colonna del Quattrocento portato dall’Oriente in Italia nell’alto Medioevo.

La leggenda narra che il primo giugno del 1519 alcuni armigeri turchi sbarcarono da due galee nella cala del Mariello e si impossessarono della Sacra immagine per profanarla, dandola alle fiamme.

Poiché il fuoco, benché grande, non riuscì a bruciarla, i turchi la issarono su una nave e navigarono verso Crotone, ma prima di arrivare nel porto della città la nave si fermò e non volle più avanzare di un palmo. I turchi decisero allora di gettare a mare il dipinto che, invece di inabissarsi, galleggiò sino alla rupe di Nao (capo Colonna)dove la trovò un vecchio crotonese di nome Agazio lo Morello. Costui portò l’immagine della Madonna a casa sua e la chiuse in un cassone che gli serviva da ripostiglio degli attrezzi da contadino. Dopo averne parlato con il suo confessore, il contadino cedette la sacra immagine alla Cattedrale che ne celebra ancor oggi il rinvenimento la seconda domenica di Maggio, con una processione che dal duomo arriva sino alla chiesetta di capo Colonna.