LEGGENDE CALABRESI: I DENTI DI SCILLA

Scilla è una deliziosa e caratteristica cittadina a 72 metri di altitudine dal livello del mare, da cui si gode l’incomparabile spettacolo di quella striscia di azzurro del Tirreno chiamata “Bosforo d’Italia”.

E’ posizionata sulla sponda peninsulare dello Stretto di Messina che divide la costa calabra da quella sicula, qui lo sperone dell’Aspromonte è talmente vicino a quello Peloritano che lo Stretto appare come un fiume che getta le sue tumultuose acque un po’ da una parte un po’ dall’altra, con una violenza tale che chi vi si trovasse in mezzo cadrebbe certamente nella bocca di qualche mostro marino.

I mostri marini sono ben due e si chiamano Scilla, quello calabrese, e Cariddi, quello siciliano.

Scilla era, in origine una splendida ninfa dai capelli lunghissimi e dal volto roseo che le donava uno sguardo incantevole. Un giorno, però, dopo essere stata amata dal dio marino Glauco, dovette subire la gelosia della maga Circe che versò del veleno nell’acqua di una fontana dove la giovinetta era solita bagnarsi. Non appena la fanciulla entrò nell’acqua per rinfrescarsi, la parte inferiore del corpo si trasformò in sei cani ferocissimi le cui bocche avevano tre file di denti pronti a divorare tutto ciò che fosse capitato da mangiare.

Disperata per il suo orribile aspetto, Scilla si gettò tra i gorghi dello Stretto per non essere vista da nessuno, ma si inferociva contro tutte le navi che tentavano la traversata. Attaccò anche le navi di Ulisse al quale divorò sei dei suoi uomini, e lo avrebbe sconfitto tra i fiumi sollevati da Cariddi se l’eroe greco non avesse dato ordine ai suoi uomini, di navigare più velocemente possibile e non avesse combattuto lui stesso con i paurosi mostri dello Stretto.

Cariddi divorò anche i buoi di Eracle che, adirato contro di lei, la uccise senza pietà. Ma il padre di lei, Forco, re della Sardegna e della Corsica, la resuscitò con un incantesimo, sicché ancora oggi la tremenda creatura, soprattutto nei giorni di tempesta, non smette di creare quei vortici nello Stretto che impediscono alle navi una navigazione veloce e sicura tra le due sponde italiane.

Per ricordare la sua esuberante bellezza, gli uomini hanno chiamato col nome di Scilla una pianta delle Liliacee che nasce sulle arene e sulle rupi delle coste del Mediterraneo, nota anche a Plinio il Vecchio e a Dioscoride. Dal suo bulbo ovale, se tagliato, esce un odore piccante e acre le cui secrezioni sono usate nella preparazione dei farmaci come diuretici e regolarizzatori del battito cardiaco.