BELLEZZE DI CALABRIA: LA CHIESA MATRICE DI STILO

Eretta nel 1300, riveste un’elevata importanza storica oltre che artistica; essa, infatti, fu una delle prime ed autorevoli sede vescovili della Calabria, unita in un secondo tempo a quella di Squillace. La chiesa fu sempre soggetta a restauri e riadattamenti, ed il primo risale a dopo il terremoto del 1783. Da allora non si scorgono sulla facciata principale i due rosoni andati murati e che stavano sopra il portale. Sorge sul restauro di un edificio, forse una volta adibito a chiesa ed al quale apparterrebbe quell’unica abside semicircolare aggiunta alla parte posteriore del duomo e visibile nella sua sezione più alta. Là dove essa finisce inizia dunque ad innalzarsi l’uniforme edificio sacro. L’ingresso della Chiesa Madre è reso più bello e adorno dal maestoso portale romano-gotico ogivale, incorniciato da tante colonnine attorte e lisce legate assieme e poggianti su capitelli scolpiti (si tratta di un’opera straordinaria, costituita da oltre centoquaranta blocchi di pietra calcarea).  Alla sinistra del portale si osservano due piedi marmorei calzati alla romana, da spessa “solea”, frammenti questi, appartenenti indubbiamente ad una statua di epoca classica: secondo la leggenda sarebbero avanzi dell’idolo abbattuto dai primi cristiani. Alla destra dello stesso portale si nota una scultura su pietra calcarea, a figure rilevate, raffigurante due pavoni affrontati che bevono in un vaso stilizzato nel modo tipico dell’arte dell’epoca normanna, ma secondo alcuni studiosi, risultato di pura mano bizantina. Si scorge ancora un capitello a stampella decorato su quattro lati e raffigurante una croce di stampo medievale, propriamente del XIV secolo, con foglie stilizzate di acanto (albero della vita). Ed eccoci ora all’interno del Duomo, una volta indicato come Chiesa Cattedrale dell’Addolorata e come Collegiata di Santa Maria d’Ognissanti. Grande importanza riveste la chiesa grazie alla eccellente e preziosissima pala d’altare che racchiude l’altrettanto maestosa tela ad olio del ‘600, “Il Paradiso o Ognissanti” di Giovan Battista Caracciolo detto il Battistello, di recente egregiamente restaurata a cura della Soprintendenza alle Belle Arti della Calabria.

La Madonna di Ognissanti di Battistello Caracciolo

Tale opera, sino a non molto tempo addietro, veniva erroneamente attribuita, ora a Francesco Cozza, pittore di Stilo, ora a Mattia Preti oppure al Guercino. Ora si sa di sicuro che la grande tela è stata dipinta dal detto pittore di Napoli, brillante allievo del Caravaggio. La volle donare, quale segno di riconoscenza, al medico stilese Tiberio Carnevale, di cui parla lo stesso filosofo Campanella nel suo “Medicinalia”, esaltandone le alte doti scientifiche, per avergli curato una grave malattia e così facendolo scampare da morte sicura. Del pittore di Taverna Mattia Preti, conosciuto pure come il “Cavaliere Calabrese”, era invece, senza dubbio, la tela trafugata de “La Porziuncola o San Francesco d’Assisi”, donata alla chiesa, a suo tempo, dalla nobile famiglia dei Bono. Altre tele un tempo adornavano la chiesa, che oggi, con la sua severità estetica, pare voglia invitare solo alla meditazione. Il tesoro e il valore della chiesa cattedrale, sta pure negli oggetti d’argento ed oro, scrupolosamente conservati. Così, pregevole è un Ostensorio, in argento cesellato, che mette in chiara luce l’arte medievale del 700; un altro Ostensorio, argento-oro, riveste importanza morale oltre che finezza di lavorazione: è stato fuso con materiale aureo che tutto il popolo di Stilo volle offrire a ricordo della celebrazione, nella cittadina, del Congresso Eucaristico Nazionale ai primi del Novecento, che poi non s’ebbe. Inoltre, diverse pergamene del 1600-1700, recanti il sigillo papale e costituenti concessioni e privilegi sacri fatti dai pontefici di quegli anni alla Collegiata di Stilo, arricchiscono il patrimonio ecclesiastico. Nobilissima è infine la fattura del Crocifisso in legno, probabilmente del secolo XVIII, opera d’arte di carattere monastico e di stile barocco.

La recente pulitura ed analisi della cripta sottostante la chiesa attuale, con tutti gli elementi architettonici in marmo impiegati come pezzi di reimpiego per creare piani orizzontali nelle pareti (un lungo elemento rettangolare incompiuto, in marmo bianco, rilavorato in epoca medievale ed altro di forma piùo meno triangolare dello stesso materiale, un capitello in marmo bianco decorato alle estremità con foglie stilizzate, due colonnine in marmo verde seguite da due capitelli a stampella, tuttu databili tra il IX e l’XI secolo), nonchè i numerosi affreschi scoperti sotto il primo piano pavimentale dell’attuale chiesa, sulle pareti che si elevano dal piano sotterraneo, consentono di stabilire con maggiore precisione e dovizia di particolari lo sviluppo storico-artistico dell’intero complesso e costituiscono documenti seri per una rilettura della già ricca storia civica.

 

Tratto da “Stilo e la vallata dello Stilaro” (Laruffa Editore) 2002

 

Vedi anche: LA CATTOLICA DI STILO, STILO: CENNI STORICI,