BELLEZZE DI CALABRIA: LA CATTOLICA DI STILO

Questo è il mirabile fiore, sbocciato tra le rocce del Consolino mille e più anni fa: questa la gemma più preziosa … che armoniosamente incastona le rocce azzurrastre di un luogo sacro alla solitudine e alla meditazione.

La Cattolica di Stilo è un tempietto greco-bizantino la cui costruzione risale al X secolo.

Fatta notare per la prima volta nel 1835 dal cultore calabrese Vito Capialbi, solo circa un secolo dopo cominciò ad essere valorizzata in modo pieno dall’archeologo Paolo Orsi. I modelli fondamentali si trovano in Armenia, Georgia ed Anatolia ed essa non è che un egregio esemplare di quelli, ridotta in scala perfetta. La chiesetta conserva ancora il nome ad essa derivante dal greco “Katholikè”, dato a tutte le chiese parrocchiali dell’età bizantina e che sta per “universale”. La cattolica fu, infatti, la prima e la più importante parrocchia della Universitas di Stilo e tale rimase sino al 1600 circa. Partivano da questo tempio le processioni delle Rogazioni nella settimana precedente la festa dell’Ascensione, e la processione di San Marco. Fino alla prima metà del secolo scorso, nella cattolica veniva celebrata la festa dell’Assunta ed ora, da qualche tempo, alcuni riti in occasione di particolari ricorrenze, come per la Pasqua ortodossa officiata da monaci greci. Unico e suggestivo è il suo esterno con spiccati risalti cromatici. E’ poggiata alle pendici del Monte Consolino: le facciate della chiesetta, che ha forma più o meno quadrata con il lato non più lungo di “23 piedi” (circa sette metri), sono ricoperte da fasce di mattoni di argilla di colore rosso, interlineati nelle giunture da malta. A sinistra della porta d’ingresso, e proprio all’estremità della parete frontale, si può notare un incavo lasciato come è stato trovato, già nel 1914, che probabilmente era una tomba, dato pure che il Vicario perpetuo, che reggeva la Cattolica, esigeva lo jus sepulturae in detta chiesa.

Sovrastano la chiesa cinque cupole di forma cilindrica rivestite da mattonelle disposte in senso romboidale e spezzate al centro da mattoni simili, posti a “dente di sega”, che permettono di rompere la freddezza della sottostante massa cubica. Il tetto e le cupole sono ricoperte da tegole di colore giallo rossastro mentre è da notare che ai primordi esistevano, per le cupole, coperture di lamine di piombo. Sono pure scomparsi i gradini marmorei della porta d’ingresso, ricavati da resti di colonne classiche della stessa età della chiesa.

In ciascuna delle due cupole anteriori, poste leggermente più in basso rispetto alle posteriori, si aprono due piccole finestre monofore; sulle posteriori se ne apre una sola. La cupola centrale, di diametro più lungo e situata più in alto di quelle perimetrali, ha quattro piccole finestre con le aperture (bifore) divise da grezze colonnine. A destra della chiesa, per chi entra, sono le abside, che poggiano su di una base murale in pietra; a sinistra, un muro ben delineato, quasi a protezione del tempio. La porta d’ingresso è sormontata da una architrave in legno, poggiante negli stipiti della stessa. Sopra l’architrave un arco a tutto sesto incorniciato da dentellature di mattoni in cotto. Direttamente su di un mattone dello stipite di sinistra figura un’iscrizione incisa a lettere greche (forse il nome di uno dei costruttori o l’indicazione di un’indizione). All’interno, dal pavimento a quadretti rosso-cretacei, s’innalzano quattro agili colonne, due in cipollino, uno in lunense e una in granito, che sorreggono le volte del soffitto; dividono l’interno in nove quadrati uguali, escluso l’incavo delle tre absidi.

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Sul fusto della prima colonna a destra, si trova scolpita una croce, attorniata da una epigrafe in greco la cui traduzione è “Dio il Signore apparve a noi”, versetto tratto dal salmo che celebra l’Epifania o l’Apparizione. Le rimanenti tre colonne hanno ciascuna forma differente: la prima a sinistra (sul fusto della quale risultano tracce incise di iscrizioni a lettere arabe), si regge su un capitello corinzio rovesciato, mentre quella più avanti poggia su un capitello dorico. Si pensa che queste quattro colonne provengono da antichi e diversi monumenti esistenti un tempo nel territorio della Kaulonite e portate nella dimora odierna, secondo una curiosa leggenda, da “quattro giovani donne del luogo, che durante l’erta ascesa del monte filavano tranquille, cantando, senza avvertire, quasi, il loro gravissimo pondo”. Delle tre absidi (prothesys, bema e diakonikon), situate a levante della chiesa, la centrale riceveva il piccolo altare. Di fronte alla porta d’ingresso, sulla parete a settentrione, si nota una larga apertura, forse anche questa un’antica tomba, più probabilmente l’antico accesso dei monaci che abitavano le grotte eremitiche esistenti su tutto il costone del monte, alle spalle della chiesetta, di eccezionale valore sono gli affreschi che la Cattolica conserva. Certo era Paolo Orsi, quando affermava, in seguito alla lettura delle sue sapienti iconografie, che “la chiesetta alle sue origini fu coperta da un intonaco generale con parziale decorazione, limitata alle absidi, di grandi immagini di santi; ma non ebbe una vasta complessa ed organica decorazione, limitata invece, in origine a pochi pennelli, ai quali altri se ne aggiunsero nei successivi tempi, sovrapponendo intonaci ad intonaci, dealbamenti a dealbamenti. Sorte comune a tutte le piccole chiese medievali e che determinò dei veri palinsesti pittorici…”. a distanza di oltre mezzo secolo, da queste conclusioni, a conferma della validità di quanto affermato dal noto archeologo, ha dato buoni frutti nel campo della scoperta, l’ottimo restauro ultimato nel 1981. Nel corso dei secoli , quindi, è risultato tra l’altro che sui muri del tempietto sono stati sovrapposti ben cinque strati di affreschi, caratteristici delle varie epoche ma che dimostrano tutti, per la realizzazione fine, alto valore artistico. La parete di ponente mostra un’immagine della Vergine assisa in trono e avvolta in un ampio mantello azzurro ornato da gigli. Più a sinistra di questo, risulta leggiadra la figura dell’angelo dell’Annunciazione, affresco parzialmente ricostruito nella parte del viso e delle ali. Completamente portata alla luce l’icona raffigurante una “Dormitio Virginis” del XIV o XV secolo, e che trovasi al centro della stessa parete. Ma è sulle absidi che si conservano i migliori affreschi. Sul pilastro del muro dell’abside centrale vi è raffigurato un Santo, forse San Nicola; sul lato sinistro della stessa abside, si mostra una severa immagine di San Basilio, dalla lunga barba, vestito da paramenti pontificali; ed ecco, sul lato di destra, la figura più ricca di tutto il tempio: San Giovanni Crisostomo. Con lo sguardo stupefatto, ha il collo cinto da una sciarpa quadrigliata con grandi croci nere ed è coperto da un lungo camice bianco. La suggestiva effige di San Giovanni il Precursore adorna l’absidetta di mezzogiorno. Avvolto in un largo manto regge nella mano sinistra un libro decorato e chiuso da fermagli, mentre con la destra benedice. Nell’abside di settentrione è raffigurata l’immagine di una Santa, dal viso bianco, con la fronte cinta da un diadema regale, avvolta in una tunica rossa ricoperta da un manto bianco. Su un’altra parte di intonaco, v’è pure affrescata una iscrizione a caratteri gotici probabilmente del ‘300. Infine, in corrispondenza dell’abside centrale, dalla voltina a botte, appare la figura di Cristo, in mezzo a ornamenti rotondi con l’effige degli Apostoli e ancora fra quattro serafini ad ali spiegate, che benedice mentre ascende in cielo.

 

Tratto da “Stilo e la vallata dello Stilaro” (Laruffa Editore) 2002