IL BENEFICIO DI SAN LEONE E LA STORIA DELLA CHIESA DI SANT’ELIA DI RAVAGNESE [parte prima]

Con un’attenta ricerca, il professore Carmelo Cutrupi riesuma la storia della piccola chiesa di Sant’Elia di Ravagnese, dalla fondazione nel secondo Settecento.

[parte seconda]  [parte terza]

 

LA FONDAZIONE

Il tre aprile dell’anno 1766 con atto pubblico, registrato presso il notaio Andrea Nava, nella città di Reggio Calabria, in contrada “Li Riformati”, alla presenza dei testimoni: Giuseppe Iero della città di Sant’Agata, “iudex regius ad contractus”, del reverendo Paolo Vita, del chierico Francesco Antonio Russo, e dei notai Domenico Malgari e Natale Calveri, don Francesco Laboccetta fu Fabrizio, nobile patrizio della città di Reggio Calabria, decide di fondare nei propri fondi di contrada Carrone dell’Università di Sant’Agata, una chiesa e di intitolarla a San Leone di Bova, del quale è particolarmente devoto. Il Laboccetta nell’atto notarile afferma che due principalmente le motivazioni che lo spingono a prendere questa decisione. Innanzi tutto egli asserisce “di essere spirato da divino lume per sua devozione”, poi afferma che l’edificazione della cappella nella contrada nasce dalla necessità di assicurare una cura religiosa ai villici che si occupano delle proprietà appartenenti alla sua famiglia. Contrada Carrone, che successivamente prenderà il nome di Sant’Elia di Ravagnese, è situata ai piedi della collina di Gallina. Si tratta di una vasta pianura, particolarmente fertile, dove è fiorente fin dal Diciassettesimo secolo la cultura del bergamotto, cui si affianca una discreta produzione della seta e di grano nella parte non irrigua che va sotto i nomi di Maldariti e di Petti. Pertanto tali contrade incominciano ad essere interessate da un progressivo incremento demografico, anche in seguito al graduale abbandono dei casali interni a vantaggio delle zone più vicine alla costa. Nel 1750 era stata fondata la parrocchia di San Gregorio Traumaturgo, ma a causa della distanza della chiesa parrocchiale, per raggiungere la quale si doveva attraversare il torrente Menga e la fiumara d’Armo, spesso in piena, quasi nulla era l’assistenza spirituale che il prevosto dava agli abitanti di questa zona di Ravagnese. A tal proposito le persone più anziane raccontano che in un periodo di particolare maltempo, essendo morto un colono abitante nella zona di Cafari, i funerali furono officiati più di dieci giorni dopo il decesso, per l’indisponibilità del parroco di San Gregorio. Pertanto la creazione della cappella si rivela assolutamente necessaria, avendo un bacino d’utenza che non si limita alla contrada Carrone, ma che comprende anche Saracinello, Cafari e Ravagnese. (La chiesa della “Miniera” di Arangea , infatti, era situata molto più a nord rispetto all’ubicazione attuale, vicino all’alveo del torrente Sant’Agata, mentre la chiesa del Buon Consiglio avrebbe visto la luce solo nei primi anni del Novecento). Per provvedere alle necessità della chiesa e al mantenimento del cappellano, il Laboccetta con lo stesso atto notarile provvede di dotare la chiesa di alcuni annui censi enfiteutici e terre aratorie, che egli asserisce di “havere, tenere e possedere come vero signore e padrone” … “Innanzi tutto dona una terra di quattronate otto circa comprata da Porzia Picara nell’anno 1742 sita in contrada Olivare. Item altra terra in contrada Lucagrana pertinenza della città di Sant’Agata di dieci quattronate … di valore docati duecento e sedici. Item altra terra in contrada Santa Barbara di quattronate sette e mezzo di valore di docati cento e diecenove. Infini altra terra di quattronate nove con inculti e aridi sita in contrada Pedagulli della terra della Motta San Giovanni pervenuta per titolo di compera da Prospero Ambrogio di valori di docati ventisette.” Dallo stesso atto redatto dal notaio Andrea Nava è possibile pure quantificare i censi enfiteutici che il conte Francesco Laboccetta mette a disposizione della cappellania, che si appresta a fondare. “Mastro Ignazio Plutino paga in ogni quindici Agosto docati due e grana cinquanta … alla ragione del cinque per cento sopra un pezzo di giardino e case somarate site in contrada La Sbarra o siano Le Forge. Il reverendo parroco Domenico Plutino e fratelli, figli ed eredi del fu mastro Antonio Plutino, pagano anni docati due e grana cinquanta per capitale di docati cinquanta sopra un pezzo di giardino e case terranee site nella medesima contrada. Maestro Cristoforo Furfaro paga di ogni quindici agosto annui carlini dieci su una casa sua solarata e casetta site in medesima contrada e limitante i beni di maestro Ignazio Plutino. … Giuseppe Neri e per esso Francesco Neri paga in ogni quindici agosto carlini diciotto e mezzo per capitale di docati trecentosette …”. Tali terre aratorie e tali censi enfiteutici, come asserisce l’atto di costituzione del beneficio per volontà del fondatore passano in pieno dominio, proprietà e percezione della chiesa di San Leone, che rinuncia come egli stesso afferma ad ogni suo “iusso, ragione e pretenzione”. Il conte Francesco Antonio Laboccetta si riserva però, “eius vita durante” la nomina del cappellano, tra quelle personalità che “meglio li pare e piace e quelle a movere a suo beneplacito”, perché celebri la messa tutte le domeniche e faccia la festa nel giorno del Santo tutelare. Al cappellano saranno corrispostti ogni quindici di agosto dodici ducati, mentre il conte si riserva di dotare la chiesa di Vangeli e degli altri libri necessari. Lo stesso atto aggiunge anche che, morto il conte Francesco “il ius nominandi di detta semplice cappellania, de iure patronato laicale, habbia e debba essere de lì suoi eredi e discendenti più stretti in linea mascolina di prima genitura escludendo le femine e li figli maschi delle femine, ed estinguendosi la linea mascolina, allora habbia e debba essere il detto ius presentantandi della più stretta in grado in linea femminina, regolandosi la sua successione come la linea mascolina come di sopra espressata …” Ed infatti, nei primi del Novecento, estintasi la linea “mascolina” la cappella passa alla famiglia Cimino, che priva di eredi maschi lascerà i propri beni all’asilo di mendicità Elia Laboccetta, con l’obbligo di prendersi cura delle necessità della chiesa, impegno che sarà sempre disatteso.

[Tratto dalla rivista “CALABRIA SCONOSCIUTA” (gen – mar 2002).

Un ringraziamento al professore Carmelo Cutrupi per la gentile concessione.] [foto di Francesco Tripepi] [parte seconda]  [parte terza]