RACCONTI DI CALABRIA: PELLARO, L’ATROCE DELITTO DELLA MANO NERA

Il 4 settembre 1910, a Pellaro di Reggio Calabria esponenti non identificati dell’organizzazione “Mano Nera”, per vendicare una delazione, uccidono a coltellate nel sonno Giuseppe Ruvolino, la moglie Giuseppa Manara, nonché i loro sei figli di anni 14, 11, 10, 8, 2 e di mesi 4.

Ecco cosa scrivono Emanuele Boccianti e Sabrina Ramacci nel loro libro “Italia Giallo e Nera”:

[…] Ruvolino Giuseppe era stanco, appoggiato al suo letto dormiva, quando giunse la gente cattiva, ebbe un colpo d’accetta e morì. Poi quei barbari ucciser la moglie e, in tal guisa nei letti rasenti, trucidaron i figli innocenti che a vederli facevan pietà.

Non si scherza con la Mano Nera: la sua ferocia è leggenda, anima dicerie che diventano materia per canti e componimenti, come questo di Cesare Picchi. Ma non è leggenda, è cronaca.

“Come molti italiani in quegli anni, Giuseppe Ruvolino tenta l’avventura americana. Però con una moglie e sei figli da mantenere, per il migrante è difficile trovare il bengodi di cui si parla, e New York, alla fine, gli sembra solo un’altra citta in cui tirar a campare, dandosi perciò alla malavita. Il problema è che nella Grande Mela delinquere significa quasi avere a che fare con ‘a Manu Niura, il terribile racket italiano le cui dita arrivano fino in Canada. Dalle ceneri della Mano Nera nascerà, poco dopo, la mafia.

Ruvolino partecipa a una rapina organizzata dal clan, ma è sfortunato: la polizia lo cattura, lo minaccia; lui, terrorizzato, fa il nome dei suoi complici e ottiene la libertà. Prende poi famiglia, armi e bagagli e scappa di nuovo in Calabria, consapevole di essersi macchiato d’infamia, stigma che equivale a una condanna a morte. Pensa che la Mano non arriverà fino in Italia, e si sbaglia. Scampa a due tentativi di avvelenamento, che non denuncia per paura, ma ormai sa che son venuti a cercarlo fino là, a Pellaro. La notte del 4 settembre 1910 penetrano nella sua baracca e fanno scempio di lui, della moglie e dei sei figli, il più piccolo dei quali ha appena quattro mesi. Con asce e pugnali sfondano il cranio di tutti e otto, le loro grida fanno accorrere i vicini, ma la scena che trovano davanti è una bolgia infernale di sangue e di teste scoperchiate. Dei punitori, che resteranno impuniti, nessuna traccia, volatilizzati come fantasmi in un racconto di terrore.”