Le Iene a Reggio Calabria per l’8 marzo: il servizio che fa discutere

Schermata 03-2457095 alle 10.28.23Ieri sera su Italia 1 è andato in onda un servizio de Le Iene a Reggio Calabria in merito alla Festa della Donna. Pochi minuti dopo la messa in onda del servizio, sul web si sono scatenati in commenti e post di rivolta, parte delle donne reggine, ma soprattutto gli uomini di questa decorosa città. Dico decorosa perché – nonostante tutto – Reggio un decoro lo possiede. Ma una domanda mi sovviene: in quanto donna, in quanto libera, in quanto reggina, posso avere una mia opinione a proposito della discutibile immagine della realtà sociale che è stata rappresentata dal servizio, ovvero provare un po’ di vergogna per i contenuti emersi in TV, ma non mi spiego come sia possibile che sui social si siano mossi commenti “schifati” degli uomini reggini. Com’è possibile? Uomini che vedendo le immagini del servizio, poi su Facebook, abbiano urlato allo scandaloso comportamento delle “loro” donne. Ragazzi, ma avete capito di cosa si sta parlando? Partendo dal presupposto che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, la colpa di tutto questo da chi partirebbe se non da voi? A Reggio Calabria, non importa che sia il 1915 o il 2015, campeggia la figura del padre-marito-padrone. Purtroppo, è così. E se da una parte la città si può vantare di uomini, mariti, padri splendidi, dall’altra regna sempre quella figura di uomo possessore di donne, mogli e figlie. Colui che decide tutto: a che ora si mangia, cosa si mangia, come dev’essere cucinato, come ci si deve vestire, quando si esce, dove si va, che lavoro si deve fare, che lavoro non si può fare, quale fidanzato per la figlia è consono, quale figlia può andare a studiare fuori, quale figlia non deve studiare proprio. Uomini che hanno l’ultima parola, l’ultima decisione, perfino sulle amicizie di cui le loro donne possono godere o no. Fin da giovanissime, donne (mogli o figlie) che devono imparare da subito quali sono le cose importanti della vita: stare a casa, badare ai figli, e … basta. Finisce lì, ed è già tanto se viene concesso di guardare la televisione o usare il computer. Non stiamo parlando di fatti di fantasia, stiamo parlando di realtà, di realtà familiari che ad oggi persistono, sotto l’occhio di una complicità da parte di tutti, da capo famiglia a capo famiglia. Fratelli, cognati, cugini, colleghi, che possono essere liberissimi di uscire per una “passiata” sul corso, in montagna a raccogliere funghi, a caccia. Beh certo, a caccia anche e soprattutto nelle zone dell’Est Europa. Quali marbizze ci saranno mai da quelle parti, alla donna che resta in casa a badare alla suocera maligna o al suocero malato, non deve importare. “Io faccio quello che voglio, perché ho deciso così!”, potrebbe essere una bella battuta alla Rocco Barbaro, ma non lo è. E ci ritroviamo nel 2015 con donne distrutte, finite, con l’unica soddisfazione di poter essere libere guardando Maria De Filippi, o di sperare nelle proprie figlie, che non cadano nella trappola in cui loro sono finite, e non per loro scelta. C’è da aggiungere come sia paradossale il fatto che la donna reggina, forte, capitano di una famiglia da almeno 30 coperti a tavola a Natale, non riesca a dire “Basta, me ne vado. Affanculo tu, e questa vita che mi stai facendo patire”. Non si può, “pi l’occhio ra ggenti”, io devo restare qui, altrimenti disonorerò la mia famiglia, i miei genitori, i miei figli. E allora soffro, sto in silenzio prendendomi qualche rivincita personale quando lui non c’è, quando lui non mi vede. Mettendo quella spezia che tanto gli dà fastidio, dentro il sugo, per poi far finta di dimenticarmene. Pulendo i vetri con quella Gazzetta che ancora non aveva finito di leggere. Facendogli spendere più del dovuto quando devo prendere qualcosa ai bambini. Facendo un po’ la zoccola quell’unica sera l’anno che – solo se accompagnata da sorella, cognata, cugina, commare, vicina di casa – posso uscire e fare leggermente tardi. 172545676-631a9226-afd7-4fb4-a94f-1fed2ca6eb9a

E allora, se per una donna andare a festeggiare in modo discutibile quella serata vuol dire prendersi una rivincita, chi sono io per giudicarla? Però un consiglio m’è d’obbligo: fate le valigie, e tanti saluti. Perché la libertà va festeggiata ogni giorno e la felicità condivisa con una persona accanto meritevole di riceverla.