I QUADRI PERDUTI DI BENASSAI

 

Giuseppe Benassai nacque a Reggio Calabria nel luglio del 1835 da Pietro e Caterina Rognetta e qui morì nel 1878.

Ancora giovanissimo fu avviato alla pittura dal cavalier Ignazio Lavagna Fieschi che comprendendo il suo innato amore per l’arte ne stimolò le attitudini e ne sviluppò la capacità. Non si capisce con esattezza il tempo d’apprendistato fatto presso Lavagna, ma dovrebbe corrispondere pressappoco dal 1851 al 1856 (ovvero quando Benassai aveva tra i sedici e i ventuno anni) come lasciano presumere le tele di quel periodo.

Nel 1856 Lavagna indirizzò Benassai dal maestro Salvatore Fregola a Napoli che lo accolse nel suo studio per un anno migliorandone la preparazione. Dopo quei dodici mesi, Benassai fu costretto a rientrare a Reggio dalla polizia borbonica, venuta a conoscenza, tramite un delatore, delle tendenze libertarie della famiglia.

Nel settembre 1857 si trasferì a Roma per studiare pittura, questa volta da autodidatta; intraprese viaggi a Firenze dove entrò in contatto sia con gli autori contemporanei che con gli artisti del passato scoperti attraverso le opere conservate nei musei della città. Questo periodo sarà determinante sul carattere del pittore. Dopo un’altra pausa romana, rientrò, nel 1863 a Reggio Calabria.

Durante la permanenza romana, ritrasse dal vivo la campagna circostante, “rude, selvaggia, tagliente” come disse Galassi Paluzzi. Dei numerosi dipinti di questo periodo purtroppo non ne è rimasto nemmeno uno. A Roma Benassai conobbe anche Fortuny, che lo influenzò nello stile e nella scelta dei temi da trattare. Poi dal 1863 al 1864 e dal 1868 al 1878 si trasferì a Firenze.

La conoscenza diretta dei pittori Giovanni Costa, Filiberto Petiti e soprattutto Telemaco Signorini fu determinante per le opere successive.

Nel 1867 fu a Parigi per l’Esposizione mondiale, dove presentò alcune tele. Fra i numerosi ed intensi viaggi è da annoverare anche quello in Egitto: a quei paesaggi dedicò numerosi studi.

Dal 1871 al 1878 fu direttore artistico della Manifattura Ginori di Doccia e insegnò per lungo tempo pittura e decorazione, compito piuttosto arduo dal momento che lo costrinse  ad avvicinarsi alla pittura su maiolica e porcellana abbandonando la pittura su tela. Le ceramiche ideate fino al 1876 furono quelle che ebbero più successo.

Oggi di queste ceramiche rimane ben poco dal momento che quasi tutto è andato disperso e solo pochi esemplari risultano conservati in alcune case private  e nel museo della porcellana di Doccia (in questo museo in particolare sono esposti pezzi pregiati come “la caccia al cervo” e “il riposo del cervo”). Di questo periodo legato alla pittura su ceramica sono parecchi scritti e trattati sulla pittura, sull’arte e sul valore fondamentale dell’istruzione a tutti i livelli.

Di Benassai rimangono 19 studi e 28 opere, e le più importanti si trovano oggi all’estero (in Egitto al Cairo in particolare); molte sono andate distrutte o disperse, oppure sono conservate dai discendenti che non desiderano pubblicità sulle opere dell’avo e le tengono ben celate in casa.

Alcune tele sono state ricercate invano: “una veduta del canale di Suez” del 1869, “leone nel deserto” del 1869, “uno stagno con pascoli e animali” del 1859 presenti l’ultima volta alla Mostra delle Belle Arti di Napoli proprio nell’anno dell’esecuzione. Dipinti che in qualche modo sono stati catalogati e presentati in mostre, musei e gallerie e poi scomparsi. Qualche pezzo potrebbe trovarsi comunque sia nelle mani degli eredi che nella collezione Richard (che ha acquisito l’industria Manifatturiera Ginori) in Svizzera.

Benassai fu soprattutto un paesaggista. Da autodidatta colse attraverso uno studio assiduo e attento della natura il senso della vita libera da ogni legame con la civiltà. Questa sensibilità verso la natura non fa altro che mettere in risalto il carattere solitario dell’autore.

Un modo di affrontare l’arte che non si disperde bensì si evidenzia nella sua opera di ceramista. Benassai entra di diritto tra i grandi della ceramica per il suo innato ed esercitato gusto decorativo: la Richard-Ginori deve a Benassai alcuni dei pezzi in ceramica più belli della propria collezione.

Fu anche incisore attento: le acqueforti e le litografie rispecchiano ancora una volta il suo amore per i paesaggi campestri.

Fra le opere più importanti ricordiamo: Raccolta del fieno, La primavera, Paludi di Ostia, La quiete, Aspromonte. Fra gli studi invece: Campagna alberata, Paesaggio con gazzella (1859), Agglomerato di case con pagliaio (1856), Panorama montagnoso, Lo Stretto dalla sponda calabra.

(di Franco Cicero – tuttocittà 1993)

L’immagine a corredo dell’articolo è “La quiete” di Giuseppe Benassai del 1868 (olio su tela, cm 125×250) esposta alla Pinacoteca Civica di Reggio Calabria

 

aspromonte-giuseppe-benassai

“Aspromonte” o “La casetta dei Forestali”
Olio su tela 125×250
GIUSEPPE BENASSAI, 1869