Reggio schiaffa “il mostro” in prima pagina. Quando il giornalismo si trasforma in mercanzia umana del web.

Schermata 01-2457051 alle 09.30.36Nel corso della giornata di ieri mi è capitato di riceve vari messaggi riguardanti una persona, molto nota ai reggini per l’impiego visibile in un frequentatissimo esercizio commerciale, ed il suo coinvolgimento diretto in un caso di “minacce ai pm”. Da quanto si evince dalla vita privata di quest’uomo, e dalle tante testimonianze espresse da chi lo conosce, non è poi così difficile immaginare le difficoltà in cui egli vive. Che siano di natura economica o – soprattutto/prevalentemente – mentale, sta di fatto che ancor prima di stabilire ogni accertamento, si arriva a schiaffare il tizio, come fosse un criminale di quelli alla Vallanzasca, in prima pagina. Non solo nomi, cognomi ed età, ma una bella e grande fotografia in modo da non lasciarne alcun dubbio sull’identità. Per fortuna c’è chi contribuisce a fluire il video della Guardia di Finanza come se fosse l’ultimo video di Bèlèn che in pochi minuti arriva a fare più condivisioni e visualizzazioni del discorso del Presidente della Repubblica a fine anno. Sta di fatto che sono iniziati a fioccare numerosi commenti, dividendo accusatori accaniti e difensori alla Gandhi. Il che ne dica la gente non è mai tanto importante, ma in questa occasione mi sorgono un paio di interrogativi: che si tratti di un’azione (le minacce telefoniche da una cabina pubblica) nata da disturbo psichico? Oppure, richiesta da parte di malavitosi che esercitano un potere di ricatto? O che sia una piccola e stupida burla? Nel frattempo resta il fatto che un uomo, colpevole sicuramente di non avere ben chiara la gravità della faccenda, diventa protagonista del web e dell’informazione locale che ne fa – molte volte – mercanzia. Oggetto di vendita di click, di condivisioni, di visualizzazioni per il sito, senza la benchè minima cura per la sua identità, per le ripercussioni che possibili imbecilli ( e ve ne sono tanti, visti i commenti nati sui social) non esitano a proporre. Che vi sia in corso un’operazione legale e giudiziaria non ve n’è dubbio, ma perché avere “fretta” di pubblicarne subito la notizia senza curarne il “tatto”? Dalla ricostruzione del profilo caratteriale, ma anche dalle immagini del video della GdF, chiunque – sano di mente – capirebbe che sotto queste “minacciose telefonate” c’è qualcosa che non quadra, qualcosa che resta ben lontana dalla realtà mafiosa delle ‘Ndrine, qualcosa che si annida solo nella particolarità della mente umana, del soggetto e della paradossale situazione che va presa così com’è: dalle immagini è evidente che si tratti di una persona poco brillante e non all’altezza di alcun progetto malavitoso. Chiamare da una cabina pubblica, magari sempre la stessa, in pieno giorno, senza camuffamento vocale non è la più furba delle trovate. Non è mai alta la prudenza quando si tratta di minacce a pm, ma in questo caso va catalogato l’episodio con la targhetta: MA NDI STA PIGGHIANDU PU CU*U? – Per fortuna, perché non se ne perdono una quelli delle testate più chiacchierate del mondo giornalistico, si è scelto di pubblicare la lettera del fratello del povero accusato, che con il cuore in mano – e da qui non vi è bisogno di altre spiegazioni – manifesta lo stato di mortificazione e di comprensione verso una persona malata. Questo mio articolo vuole, di proposito, omettere ogni dato specifico proprio perché ci sono casi di “cronaca” che vanno analizzati, ponderati e tutelati. I riferimenti ed i collegamenti ai fatti, cari miei lettori, sono certo, siano facili da effettuare per voi. Come si suol dire: non v’è bisogno di aggiungere altro. Quello che mi auguro, ed è questo uno dei motivi di questa “mia a dirvi”, è che se da una parte troviamo articoli che ostentano in maniera errata una realtà, dall’altra cerchiamo di calibrare – ragionevolmente – parole e accuse quantomeno con le nostre “missive da post”, perché domani, la foto in prima pagina dal titolone “clamoroso”, potrebbe essere la nostra. E poi vallo a spiegare come mai.