POLISTENA UNA CITTA’ DI CULTURA E D’ARTE

Polistena, patria di Girolamo Marafioti, lo storico della Calabria, per la cultura espressa a partire seconda metà del XVI secolo, può essere considerata la capitale di tutto lo Stato dominato dai Milano, sia sul versante tirrenico che jonico. Il mecenatismo e la duttilità dei vari feudatari, tra cui Giacomo, Giovanni Domenico e Giacomo Francesco Milano, fecero sì che la cittadina, ormai divenuta la loro residenza principale, si dotasse di un grandioso Palazzo Marchionale che, oltre ad una stalla che poteva contenere 50 cavalli, vantava un’affrescata sala per il teatro capace di ospitare oltre mille persone per assistere alle sceniche rappresentazioni della dotta e ingegnosa gioventù polistenese; una Cappella Musicale di corte in cui operavano lo stesso feudatario Giacomo Francesco Milano e Michelangelo Jerace, allievi di Francesco Durante.

Il Milano, che in Francia oltre ad essere Ambasciatore del Re, non disdegnava di far valere le sue qualità artistiche, sarà ricordato da Jean Jacques Rousseau quale migliore improvvisatore al cembalo che arrivava dal Regno di Napoli. Michelangelo Jerace, dopo essere stato Maestro di cappella a Polistena, diverrà famoso anche a Londra. La cappella Musicale annoverò musicisti proveniente dai centri vicini ma anche da Napoli e Messina ed operò a Polistena ed oltre, esibendosi con numerose “musicate” fatte, per lo più, di sinfonie ed oratori sacri.

Polistena aveva, oltre ad una Zecca che emise, nel 1732 e nel 1753, delle proprie monete, anche una Tipografia della quale si conserva un volume stampatovi nel 1712. Va qui ricordata la figura di Matteo Florimo, polistenese che a Siena, a cavallo tra il XVI e XVII secolo, fu considerato uno dei maggiori tipografi e incisori. Nel campo letterario, religioso, artistico, economico e scientifico, svolsero la loro opera, tra il XVI e XX secolo, numerosi uomini illustri: vescovi, musicisti, scrittori di chiara fama.

L’immediato dopo terremoto, fu caratterizzato dalla fondazione di due Accademie delle quali si ricorda, particolarmente, quella dei Placidi, ove confluirono numerosi letterati ed uomini di cultura di tutto il territorio della Piana.

Con l’arrivo, agli inizi dell’800, del sorianese Fortunato Morano, scultore ed abilissimo stuccatore che si era formato al fianco di Emanuele Paparo, inizia una vera e propria scuola polistenese di scultura, decorazione a stucco e pittura, che, tra Ottocento e Novecento, darà segni di grande vivacità con i nomi di: Vincenzo, Domenico, Giovanni e Francesco Morani, Fortunato Grio, Domenico Albanese, Antonino Pagano, Michelangelo Russo, Giovan Battista Valensise, Francesco, Vincenzo e Gaetano Jerace, Giuseppe Renda, Rosalìo e Giuseppe Scerbo, Camillo Cavatore, Antonio Cannata, Marino Tigani, Michelangelo Parlato, Ugo Borgese, Giuseppe Pesa, Giuseppe Niglia, Cesare Laruffa, i Megna, ed altri. Assieme a Taverna, Vibo Valentia e Serra San Bruno, Polistena, quindi, si confermerà città d’arte, proprio perché riuscirà a diffondere le proprie forme ed i propri dettami artistici. Varie filarmoniche cittadine, dirette dai maestri: Grillo, A. Jonata, M. Aspa, G. Marchese, unitamente alle varie formazioni bandistiche, rappresenteranno la continuazione di una tradizione plurisecolare di musica che, a metà Ottocento, vedrà operare Angelo Riolo, ebanista polistenese, che sarà l’unico costruttore di pianoforti che la Calabria potrà, fino ad oggi, vantare. Anche la necessità di un teatro, a datare dal 1819, venne avvertita dal Municipio che non tardò a realizzare, prima di tavola e poi in muratura, il Teatro Comunale, una vera “bomboniera” con i palchetti, purtroppo, distrutto negli anni ’60 del secolo scorso.

Tratto da: Polistena. Storia, arte e cultura (Laruffa editore 2003)