POLISTENA: CENNI STORICI

Nel ripercorrere le vicende di Polistena, città dalle tante testimonianze di una ricchissima e raffinata tradizione culturale e artistica, bisogna subito precisare che le sue origini sono incerte. È presumibile che il suo territorio sia stato abitato fin dai tempi preistorici, come attesterebbero alcuni oggetti del tardo Neolitico rinvenuti nella zona. Possiamo ipotizzare che essa, situata sulla linea di displuvio tra i torrenti Vacale, Jerulli e Jerapotamo, fu una stazione di passaggio per i Locresi lungo la via verso la loro sub-colonia di Medma. I ritrovamenti archeologici, tra cui una cuspide di lancia protostorica  ed i numerosi corredi funerari da tombe, evidenziano una frequentazione del territorio e fanno ipotizzare la presenza di un qualche agglomerato urbano, prima e dopo l’epoca della colonizzazione Magno-Greca.

Anche l’età romana è attestata dalle portanti testimonianze affiorate nella contrada Villa, molto vicina all’abitato.

Pur nella esiguità di superstiti documenti cartacei, s’ipotizza che Polistena sia stata presente in età bizantina, allorquando, nel suo territorio, vennero a stanziarsi monaci basiliani che, tra l’altro, introdussero i culti di Santa Marina e della Madonna dell’Itria. Quest’ultimo è tipicamente legato alla persecuzione iconoclastica e la raffigurazione della Madonna trasportata dai monaci basiliani si tramanda, particolarmente, in una icona di gusto bizantineggiante (ma eseguita nel XVI secolo) che si conserva nella Chiesa della SS. Trinità. Tuttavia, Polistena, con indiscussa certezza, trova riscontro documentario nella storia, nel 1266, allorquando il Segreto di Calabria pose in subappalto la gabella della Bagliva di Polistena.

La cittadina, che seguì, quasi certamente, le sorti della vicina San Giorgio, fu feudo, nel 1291, d’Aldobrandino da Firenze e dopo, di Palamede De Riso, di Ricario di Stella e del fratello Ingeranno Arcivescovo Capuano, del  Vicesiniscalco Arnaldo de Villanova, dei Caracciolo, di Marino Curriale, di Giacomo Milano, di Consalvo, Elvira e Fernando di Cordova, di Tommaso de Marinis e, poi, dal 1568, nuovamente dei Milano che la tennero fino al 1806, epoca dell’eversione della feudalità. I Milano possono considerarsi veri e propri protagonisti  delle vicende politico-amministrative della cittadina che, nel 1669, oltre ad ottenere il titolo di Marchesato e di Città, consolidò l’antico ruolo di “centro viario, mercato della seta e mercato d’arte” come definito dal Trasselli.

Dei conventi sorti in epoca moderna ed in cui faceva una ricca vita religiosa e culturale, vanno ricordati quelli degli Osservanti (1537), dei Cappuccini (1540), dei Domenicani (1579), degli Agostiniani (1579), delle Monache di Santa Chiara o Clarisse (già presente nel 1610), dei Carmelitani (‘600) e dei Paolotti (1701).

Le antiche chiese di cui si ha memoria furono: la Matrice (dedicata a Santa Marina), Sant’Anna, SS. Trinità, San Sebastiano, San Nicola, San Ciriaco, Santa Venera, San Giovanni, San Biagio, Maria SS. Della Catena, San Rocco, Maria SS. Del Carmine, San Giuseppe, Gesù e Maria, Santa Maria della Concezione o dell’Immacolata, Santa Maria delle Grazie, SS. Rosario, San Ludovico, San Melanio Episcopo, SS. Annunziata, Anime del Purgatorio o dei Morti, Santa Maria degli Angeli, Spirito Santo, San Francesco di Paola, Santa Chiara. Diciassette furono le confraternite religiose e laiche tra il XVI e XX secolo.

La chiesa e l’aristocrazia continuarono ad essere i principali committenti delle opere d’arte, proseguendo nell’intento di sfarzo e di autocelebrazione. L’apertura alla cultura napoletana e siciliana  tra Cinquecento e Settecento, portò, nel campo delle arti figurative, significative presenze: Giovanni Angelo Montorsoli, Pietro Bernini, Giovanni Merliano da Nola, G. Gallo, A. Cozza, F. Picano, G.B. Massotti, A. Fumo,P.e B. Ghetti, T. Amato, V. Bosco, G.Franzese, G. Tuccari, R. Varvella, G.Floreneano, A. Scalera, P. D’Alojsio, R.G. Guariniello, A. Guariniello, etc. si tratta di nomi importanti, che realizzarono una vasta produzione di opere, delle quali oggi rimane ben poco.

La città, purtroppo, ebbe a fare i conti con il terremoto del 5 febbraio 1783, allorquando, oltre agli edifici sacri e civili rasi al suolo, perirono 2221 abitanti su una popolazione che era il doppio. Una storia, quindi, ricca di avvenimenti dove uomini  e natura hanno segnato il tempo.

 

Tratto da “Polistena storia, arte e cultura” (testi di Giovanni Russo, Laruffa editore, 2003)