POLISTENA TRA CHIESE MONUMENTALI E OPERE D’ARTE

Il visitatore che si addentra per le vie della città alla ricerca di pregevoli chiese e monumenti d’arte, si troverà di fronte il lindore maestoso della Chiesa Madre. Ricostruita nella parte più alta, si presenta oggi nella sua imponente forma trinavata al cui interno si conserva la vigorosa pala marmorea della Deposizione di N.S.G.S., opera cinquecentesca di inestimabile valore artistico, recuperata dall’antica Chiesa Madre. Prima vera opera post-rinascimentale del patrimonio polistenese in cui le quattordici figure si evidenziano nella struttura plastica, inquadrata in un preciso spazio prospettico e nell’elegante tracciato della linea, era l’originario altare della Confraternita del SS. Sacramento. Circa l’autore della pala, nel corso degli anni, non mancarono le congetture più varie: da Giovanni Merliani da Nola alla scuola del Michelangelo, da autore di manierismo tosco-romano a Jacopo Del Duca, dal Sansovino al Montorsoli con continuazione del Montanini. Chiunque fosse l’autore (non certo, al momento, per la mancanza di elementi documentari sicuri, sebbene i confronti non manchino con l’opera del Montorsoli), la pala, per le sue caratteristiche iconografiche e stilistiche, finora non ha trovato riscontri di uguale imponenza con altre opere esistenti in Calabria. All’interno della chiesa figurano, inoltre: l’altare in marmo del SS. Sacramento (1893) con il quadro della “Cena” (1904), opere di Francesco Jerace; La Resurrezione di Lazzaro, grandiosa tela che campeggia nella volta dell’artistico soffitto centrale a cassettoni dorati, realizzata all’inizio del ‘900 da Carmelo Zimatore di Pizzo Calabro; il coro ligneo (del 1893), opera di Giuseppe Silipo; il fonte battesimale con base marmorea (1782) del messinese Giuseppe Bertoccelli e con intaglio ligneo templiforme di scultore locale; le statue lignee di Santa Marina (di Vincenzo Zaffiro) e di San Rocco (di anonimo scultore settecentesco), situate dentro stipi di artigianato locale; le statue lignee di Santa Chiara e Santa Veneranda (del napoletano Gennaro Francese, del 1735) e quelle di San Michele, San Nicola, San Biagio, San Felice ecc.; una pala raffigurante l’Immacolata con Santa Marina e Santi (attribuita al Colloca); “l’Eucarestia” di Brunetto Aloi, del 1840; suppellettili e paramenti sacri; un archivio parrocchiale con registri che datano a partire dal 1586.

A brevissima distanza, sulla via Conte Milano, incastonata nel Palazzo Jerace, si potrà scoprire la chiesetta dell’Annunziata. Originariamente fondata nel 1729 dall’Arciprete D. Giuseppe Rovere dentro la vecchia Polistena, fu ricostruita nell’attuale sito, subito dopo il terremoto del 1783, da D.Nicola Jerace. È di piccole dimensioni e conserva: una statua lignea della Madonna dell’omonimo titolo; una lapide con iscrizione originaria cui fa cornice un riquadro con nuova iscrizione aggiuntavi dallo stesso Jerace. Ha una semplice ma interessante facciata con una campana originaria.

Nella Piazza del Popolo si andrà a scoprire un vero gioiello: la Chiesa di Santa Maria degli Angeli. È situata dentro il Palazzo Riario Sforza, già Palazzo Milano, nella cui corte interna si ammirano: la statua marmorea, a tutto tondo ed a figura intera, raffigurante Giacomo Milano, opera del 1672 di Giuseppe Gallo, ed alcune lapidi con iscrizioni della vecchia Polistena. La chiesetta è dotata di un altare con marmi policromi e intarsi con soprastante rilievo marmoreo di Santa Maria di Loreto (1730); di lapidi con iscrizioni; di acquasantiera, di una testa in bassorilievo e di un sarcofago marmoreo di Giovanni Domenico Milano, autentica opera d’arte settecentesca con iscrizione che si tramanda fosse stata dettata da Giovan Battista Vico, amico e stimatore della famiglia Milano.

Molto vicino è la Chiesa di San Francesco. È mononavata ed ha, nella facciata, un imponente portale litico  e due statue in terracotta. Conserva: due pregevolissime statue lignee di San Francesco di Paola, una settecentesca e l’altra attribuita a Francesco Morani; una lapide con iscrizioni (1730) già appartenuta al Convento dei Paolotti; un pulpito marmoreo con sculture, di Michelangelo Parlato; stucchi dei Morani e Santa Angilletta. Nello spazio antistante la chiesa, vi fa bella mostra una croce litica del 1739, ivi trasferita nel 1836 dai Paolotti che, originariamente, furono in Contrada San Francesco, nei pressi della contrada Belà.

Alla fine del Corso Mazzini, entrando in una piccola piazzetta, il visitatore si trova di fronte all’imponente e maestosa Chiesa del Rosario, unica nel suo genere in Calabria. È un monumentale edificio con due campanili e due ordini di colonne, sorto a metà Ottocento intorno ad una più piccola chiesa già denominata di San Giuseppe, ad opera di Rovere, qualificate maestranze locali su committenza della Confraternita del Rosario. Ha un interno trinavato con stucchi e altorilievi neoclassici, dall’eleganza leggera, dei Morani. Conserva dipinti di Roberto Carignani La Battaglia di Lepanto, di Rosalìo Scerbo L’Addolorata, di Marino Tigani San Domenico e Santa Caterina, oltre che pregevoli statue tra cui quelle di San Giuseppe di scuola napoletana dei primi anni del ‘700 della settecentesca Madonna del Rosario, dei gruppi dei Misteri di Luigi Prenestino, del Cristo di Michelangelo Parlato. Di pregio, anche le 21 vetrate istoriate eseguite dalla Ditta Fontana di Milano su disegno di Marino Tigani.

Ritornando nella Piazza della Repubblica, sorpassata la piazzetta Bellavista, si potrà visitare la Chiesa della Trinità. Fu aggregata alla Basilica Lateranense nel 1541. È un edificio con facciata a due piani con due ordini di colonne granitiche (opera di Raffaele Rovere). Con portale litico e cupola rivestita di piastrelle maiolicate policrome. Al suo interno: un reliquario Crocefissione, d’ignoto autore della metà del XIV secolo, ma prezioso esempio di cultura umbro-assisiate della metà del Trecento; un’icona di piccole dimensioni (di ignoto pittore del XVI secolo), una imponente statua lignea (opera di Vincenzo Scrivo, del 1797), ed un quadro (di Brunetto Aloi, del 1852), raffiguranti la Madonna dell’Itria; un altare intarsiato con marmi policromi; un artistico pergamo di ferro battuto dell’artiere polistenese Francesco Tripodi (1885); una statua lignea di San Francesco d’Assisi dello scultore Francesco Morani. La chiesa, in seguito all’incendio di alcuni anni fa, durante il quale, tra le altre cose, andò bruciata la grande pala d’altare raffigurante la Madonna dell’Itria, opera del 1859 del pittore messinese Natale Carta, fu restaurata, restituita al culto ed eretta a Santuario Diocesano nel 1997.

Dopo aver ammirato, dal Piazzale Trinità, il paesaggio con sullo sfondo il Monte sant’Elia, il Porto di Gioia Tauro, tutte le Isole Eolie ed alle spalle il verde delle montagne o gli impareggiabili tramonti di fuoco, scendendo si potrà visitare la Chiesetta di Sant’Anna. Si ipotizza che essa possa essere stata una grotta eremitica basiliana ed è l’edificio che, oggi, si può considerare il più antico di Polistena, proprio perché illeso durante il terremoto del 1783. È di piccolissime dimensioni. In essa furono tumulate le ceneri delle vittime del sisma. Nel 1586 figurò come un’antica cappella abbandonata che, nel 1729, dai Milano fu restaurata e dedicata a Sant’Anna. Successivamente, il culto fu vero e proprio appannaggio della famiglia Martino.

Salendo dalla via Santa Marina, si arriva alla Chiesa dell’Immacolata. Già dei Minori Osservanti, ha un esterno sobrio con strutture classicheggianti ed una imponente cupola. Ha un interno mononavato con originale tetto ligneo e con stucchi di Michelangelo Parlato e G. Ursida. Conserva un monumentale altare con marmi policromi (opera del 1771 dei napoletani Varvella e Fluoreano) su cui fanno bella mostra le statue marmoree a figura intera ed a tutto tondo di Santa Lucia (attribuita a Pietro Bernini), di Santa Caterina e dell’Immacolata Concezione (di anonimi scultori meridionali). Tra le tante statue che ivi si conservano, spiccano, particolarmente, quella lignea dell’Immacolata, opera del 1833 del serrese Vincenzo Zaffiro e quella settecentesca di Sant’Antonio il cui recente restauro, ad opera di F. Marafioti, l’ha restituita all’antico splendore.

 

Tratto da: Polistena, storia arte e cultura (Laruffa editore 2003)