PERSONAGGI REGGINI: SANT’ARSENIO DA ARMO

Arsenio da Armo fu un monaco basiliano, poi divenuto Santo, vissuto nel IX secolo, venerato sia dalla chiesa cattoliche sia da quella ortodossa.

Non si hanno notizie certe circa le sue origini anche se si ritiene sia di Reggio nato intorno all’anno 810. Buona parte della sua vita è raccontata dal suo discepolo e compagno fino alla morte Sant’Elia lo Speleota nel suo Bios.

A quindici anni divenne monaco secondo le rigide regole degli asceti greci di Calabria. Si dedicava, in solitudine, sia alla preghiera sia al lavoro fin quando non gli fu inviato un giovane di nome Elia, proveniente da Reggio ed ispirato alla vita monastica. I due si stabilirono presso la chiesa di Santa Lucia di Mindino nei pressi dell’attuale rione di Condera. Qui ebbero dei problemi con altro religiosi infatti subirono l’usurpazione del podere che coltivavano per il loro  sostentamento da parte di un sacerdote locale. I due frati fecero ricorso al tribunale dello stratega ritenendo di essere nel giusto. Lo stratega, corrotto dal prete, rigettò le giuste richieste dei due frati infierendo oltremodo su di loro facendo percuotere a sangue Elia. Arsenio, dinanzi a quei soprusi invocò la giustizia divina e quella stessa notte lo stratega venne colpito da un’improvvisa malattia morendo dopo tre giorni. A causa di questo accadimento i due frati decisero di trasferirsi altrove recandosi ad Armo nei pressi della chiesetta di Sant’Eustrazio. Ben presto Arsenio venne investito dal dono di discernere gli spiriti e durante le messe vedeva i volti dei fedeli  rischiararsi di luci in alcuni e oscurarsi in altri cosicché diceva: “Se qualcuno è oscurato da un ricordo di malvagità, se qualcuno è infangato da appetiti carnali e da ogni impurità, non osi avvicinarsi a questo Fuoco divino prima d’aver corretto se stesso per mezzo di un sincero pentimento. Credete a me, fratelli, che coloro i quali nella fatica e nella pena si guadagnano il loro pane, e offrono il loro sovrappiù per il sostegno dei bisognosi, con pura coscienza partecipano ai divini Misteri, sono purificati dai loro errori e lampeggia il volto della loro anima. Coloro che nell’aspetto esteriore, nel corpo, sono abbelliti da vesti bianche e rosse, internamente sono pieni di odio e macchia carnale, costoro diventano oscuri nel volto dell’anima come quelli che indegnamente partecipano al pane divino”.

Altro episodio, raccontato da Elia nel suo Bios, narra del tentativo di Arsenio di convertire dalla sua orribile attività un mercante di schiavi il quale non diede importanza alle parole del monaco e poco dopo morì. La vedova chiese al frate, che accettò’, di celebrare una messa a suffragio del marito defunto  ma durante la celebrazione, quando Arsenio era in procinto di pronunciare il nome del mercante, per tre volte la figura di un angelo le tappava la bocca facendogli capire che l’anima di quell’uomo cattivo non poteva essere salvata. “Certi peccati sono leggeri come paglia o fieno, e facilmente vengono cancellati, ma altri sono pesanti come il ferro o il piombo, come sono adulteri e omicidi, o il furto e l’odio: questi difficilmente verranno rimessi.

I due Santi decisero di lasciare Armo dopo che una visione ad Arsenio, lo avvisò  dell’imminente invasione dei Saraceni. Si recarono in Grecia, a Patrasso, accolti con gioia dal popolo e dal vescovo. Vissero in solitudine per otto anni in una torre fuori città dopo che l’avevano liberata da quei demoni che lì dimoravano. Tornati ad Armo si stabilirono nella chiesa di San Eustrazio. Dopo qualche tempo Arsenio si ammalò e il 12 maggio 904 morì. Le sue spoglie vennero deposte dal confratello e amico Elia, nel tempio del Santo martire Eustrazio.

Elia racconta anche che dopo la morte, il suo maestro Arsenio, gli appariva continuamente esortandolo e incoraggiandolo nelle quotidiane difficoltà. Altro episodio narrato è quello che vide gli invasori Saraceni giungere fino alle chiesa ubicata sulle colline di Armo e credendo che il sepolcro di Arsenio celasse un tesoro da rubare, scoperchiarono la tomba ma trovarono solo il corpo del Santo perfettamente intatto con le sue vesti sacerdotali e null’altro. Adirati per non aver trovato alcun tesoro decisero di bruciare il corpo lì sepolto ma ogni tentativo fu invano. Impressionati da questo prodigio fuggirono via permettendo così ad Elia di provvedere a dare nuovamente una degna sepoltura.