LEGGENDE DI CALABRIA: LA VITE MUTILATA

I narratori calabresi raccontano che anticamente la vite era solo una pianta d’ornamento, non produceva né fiori e né frutti.

Un contadino, avendola nel suo campo decise, con l’arrivo della primavera, di tagliarla visto la sua inutilità e tra l’altro faceva ombra alle piante da lui coltivate. La potò lasciando della verdeggiante vite solo dei piccoli e corti ramoscelli nudi.

La vite pianse e attrasse l’attenzione di un usignolo che ebbe pietà di lei: “Non piangere” disse “io canterò per te affinchè le stelle abbiano compassione!”. Si pose con le sue zampette su di uno degli esili rami e cominciò a cantare per tutta la notte. La vite incominciò così a rinvigorirsi. Per dieci notte di seguito l’usignolo emetteva le dolci note del suo canto che arrivavano fino alle lontane stelle che si commossero e concessero un po’ della lora forza alla povera pianta mutilata. La vite sentì nuova linfa scorrergli dentro tanto che si gonfiò e le sue gemme si aprirono. Spuntarono i pampini e i viticci, quei teneri riccioli verdognoli si allungarono come d’incanto avvolgendo in una tenera carezza le zampette dell’uccellino. All’alba del decimo giorno l’usignolo volò via e già gli acini dei primi grappoli cominciavano a colorarsi con l’arrivo delle prime luci mattutine.

La vite da semplice pianta ornamentale divenne una pianta da frutto. Un frutto che possedeva la forza e la magia delle stelle, la dolcezza del canto dell’usignolo e la luminosità delle notte d’estate.