ILLUSTRI REGGINI: GIROLAMO ARCOVITO

Girolamo Arcovito nacque a Reggio Calabria il 7 novembre 1771 da Natale e Teresa Ranieri. Svolse i primi studi in seminario poi, venticinquenne, nel momento della consacrazione sacerdotale, svestì l’abito talare trasferendosi a Napoli per intraprendere gli studi giuridici.

A Napoli strinse amicizia con Giuseppe Logoteta (anche lui reggino, intellettuale e politico, patriota e massone giacobino che prese parte attivamente agli avvenimenti che portarono alla caduta dei Borbone dal trono del Regno di Napoli), fu attivo propagandista giacobino, quindi segretario della Società patriottica degli “Amici della legge” della quale redasse gli Statuti (calcando la stesura delle Costituzioni Massoniche e preannunciando l’imminente carboneria). Redasse anche un Piano regolatore della Società di pubblica istruzione. Comandante della fortezza di Sant’Elmo alla proclamazione della repubblica poi inviato in Calabria dal generale francese Championnet come capo cantone concorse, come capitano, ad organizzare la celebre “Legione Calabra”. Alla testa di 150 conterranei, asserragliati nel fortino di Vigliena,  (presso San Giovanni a Teduccio in Napoli), contrastò l’avanzata delle masse sanfediste del cardinale Fabrio Ruffo di Calabria, salvandosi in maniera rocambolesca dallo scoppio della polveriera sita nei sotterranei del bastione. Sottratto dalla morte dall’intervento del concittadino Domenico Chiantella, capitano borbonico, riuscì a salire a bordo di una nave francese; ripreso, sfuggì alla pena capitale perché il fratello sacerdote, Antonio, accorso da Reggio, mobilitò in suo favore amici e conoscenti. Venne condannato a vita il 7 maggio 1800 e rinchiuso nelle segrete del castello d’Ischia; graziato nel 1801 da un indulto generale, si trasferì a Reggio, completò gli studi giuridici ed esercitò la professione.

Ritornati i Francesi, fu dal Saliceti nominato commissario civile presso le Colonne Mobili. Nominato giudice nella corte dell’Aquila, dopo essere passato a quella di Monteleone, il 14 dicembre 1811 venne nominato presidente della Gran Corte Criminale di Cosenza.

Alla restaurazione conservò il posto, poi fu rimosso nel 1817. L’Arcovito non aveva cessato però, la sua attività patriottica; è attestato un suo intervento a un convegno di liberali di Napoli e di Salerno, tenuto nell’antica Pompei nel maggio del 1817, per concordare un piano di rivolta nella capitale. Questa attività clandestina dovette sfuggire alla polizia borbonica, perché il 9 novembre 1818 l’Arcovito venne reintegrato nella magistratura come presidente della Gran Corte Criminale di Teramo. Il 22 luglio 1820 fu nominato delegato speciale di Teramo nella giunta preparatoria per le elezioni e, nel 2º collegio di Calabria Ultra, fu eletto deputato al parlamento, di cui fu scelto a presidente il 25 febbraio 1821.

Fu tra i parlamentari più operosi ed equilibrati. Membro della Commissione legislativa, fra l’altro fu relatore della legge sulla soppressione dei giochi d’azzardo, per l’abolizione della feudalità e per la divisione dei demani in Sicilia; tra i suoi interventi all’assemblea si ricordano quello (contrario al parere della maggioranza espresso da Giuseppe Poerio) avverso alla concessione al re del permesso di recarsi a Lubiana e quello del 27 dicembre 1820 per sollecitarne il ritorno. Ultimo tra i presidenti del parlamento napoletano, tenne con decoro il seggio fino all’ultimo giorno e fu tra quei deputati che protestarono per la violazione del diritto delle genti.

Al ritorno dei Borboni fu destituito e processato ma riuscì a sfuggire all’arresto nascondendosi in Calabria presso amici compiacenti finché Francesco I di Borbone lo amnistiò nel 1825. Dal 1827 al 1829 fu mandato agli arresti domiciliari a Salerno per opera di Giovanni Battista Chiarini (ex rivoluzionario, segretario generale dell’intendenza di Reggio) contro il quale l’Arcovito si vendicò scrivendo un vivacissimo poemetto di sette canti in terza rima in dialetto calabrese, “La Cucchiareddeide”. Nel 1838 fondò in Reggio un giornale letterario, Fata Morgana, che fu palestra di cultura di valorosi calabresi.

Scoppiato a Reggio il moto del 2 settembre 1847, venne eletto dagli insorti presidente della giunta rivoluzionaria (governo provvisorio). Quando costoro si recarono presso la sua abitazione per comunicargli l’avvenuta nomina, lo trovarono a letto con una fastidiosa malattia impedito ad assumere l’incarico. Benché l’Arcovito non avesse partecipato al comitato provvisorio rivoluzionario fu compreso nella lista dei capi compilata dalla polizia costringendolo ad abbandonare la città per nascondersi e sfuggire alla vendetta dei Borboni. Vi ritornò solo qualche mese dopo per poi morire il 1º (o il 2) dicembre 1847.

Girolamo Arcovito