IL CAMPO DI INTERNAMENTO DI FERRAMONTI IN CALABRIA

In Italia esistevano numerosi luoghi di internamento per ebrei, apolidi slavi, stranieri nemici aperti dal regime fascista, formatosi tra il giugno e il settembre 1940 all’indomani dell’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. L’area dove era collocato il campo di internamento di Ferramonti si trovava accanto all’attuale svincolo di Tarsia dell’A2 Salerno – Reggio Calabria, in provincia di Cosenza.

La zona, nei pressi del fiume Crati, era insalubre brulicante di insetti e ad alto rischio di malaria ma fu scelta per interesse economico da parte del costruttore Eugenio Parrini, molto vicino ad importanti gerarchi fascisti, che aveva in loco già un cantiere per lavori di bonifica in via di completamento sfruttando così il baraccamento dei suoi operai per ospitare il primo nucleo di ebrei arrivato a Ferramonti il 20 giugno del 1940 composto da 160 unità provenienti da Roma.

L’area, di circa 160.000 m², era costituita da 92 capannoni con una struttura a baraccamenti e una recinzione fatta da una staccionata in legno sormontata da una linea di filo spinato. Il campo era sotto la responsabilità del Ministero dell’Interno retto da un commissario di Pubblica Sicurezza mentre la sorveglianza esterna era affidata alla MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale).

Nonostante la somiglianza ai lager nazisti, a Ferramonti gli ebrei sono raccolti e internati ma non uccisi o deportati, un luogo di prigionia ma non di violenza né di coercizione dove si può sopravvivere in relativa sicurezza e salute. Gli unici deceduti di morte violenta all’interno del campo furono quattro vittime di un mitragliamento durante un duello aereo tra un velivolo tedesco ed uno alleato il 27 agosto 1943.

Il campo di Ferramonti era paragonabile ad un piccolo villaggio infatti all’interno vi erano scuole, sinagoghe, libreria, asili, circoli culturali, l’assistenza sanitaria, grazie all’elevato numero di medici tra gli internati, con un ambulatorio di primo soccorso attivo giorno e notte.  Addirittura fu formato un parlamento interno, composto dai capi camerata eletti a votazione, con il compito di tenere i contatti con la direzione e risolvere i problemi degli internati stessi. Nel campo non si poteva uscire dalle baracche prima delle sette e dopo le ventuno, non si potevano leggere riviste politiche e non si potevano utilizzare apparecchi fotografici (anche se esistono alcune foto del campo), si poteva ricevere dall’esterno posta e cibo. Sotto la responsabilità del Ministero dell’Interno, gli internati, ebbero anche l’assistenza dall’Ente di assistenza ai profughi delle Comunità ebraiche (DELASEM). Nel periodo di attività del campo si sposarono diverse coppie e nacquero ventuno bambini. I deceduti nel campo in quegli anni di guerra sono stati regolarmente seppelliti all’interno piccolo cimitero cattolico di Tarsia (16 sepolture registrate, ma solo 4 ancora presenti) e nel cimitero di Cosenza (21 sepolture registrate e tutte presenti).

Il campo fu liberato dagli inglesi nel settembre del 1943 e vi erano internati 1604 ebrei e 412 non ebrei, molti di questi rimasero a Ferramonti anche negli anni successivi fino alla chiusura ufficiale l’11 dicembre 1945.

CAMPO DI CONCETRAMENTO DI FERRAMONTI