CORRADO ALVARO RACCONTA LA FESTA DELLA MADONNA DELLA MONTAGNA

Corrado Alvaro, “indigeno” di San Luca, il più grande scrittore calabrese dei tempi moderni, conclude la sua  monografia “Calabria” del 1931, con la descrizione della festa più animata della regione più meridionale dello stivale italico che si svolge al Santuario di Polsi nel cuore dell’Aspromonte. La festa “ra Maronna ra Muntagna” si celebra per tre giorni, all’inizio di settembre ma già dal mese di agosto il Santuario è meta di pellegrinaggio di migliaia di fedeli proveniente dalla Calabria e dalle regioni limitrofe.

Polsi1

 “Ognuno fa quello che può per fare onore alla Regina della festa: la gente ricca può portare, essendo scampata da un male, un cero grande quanto la persona di chi ha avuto la grazia, o una coppia di buoi, o pecore, o un carico di formaggio, di vino, di olio, di grano; ci sono tanti modi per disobbligarsi con la Vergine delicata, come la chiamano le donne. Uno,denudato il petto e le gambe, si porta addosso una campana di spine che lo copre dalla testa ai piedi, spine lunghe e dure come crescono nel nostro spinoso paese, e che ad ogni passo pungono chi ci sta in mezzo. Una femminella fa un tratto di strada sulle ginocchia; e così le ragazze fanno la strada ballando, e balleranno giorno e notte per le ore che hanno fatto il voto, fino a che si ritrovano buttate in terra o appoggiate al muro, che muovono ancora i piedi. E i cacciatori, poi, che fanno voto di sparare alcuni chili di polvere; in quei giorni non si parla di porto d’armi, e i Carabinieri lo sanno. Gli armati si dispongono nei boschi intorno al Santuario e sparano notte e giorno […].

Si vedono le mille facce delle Calabrie. Le donne intorno dicono le parole più lusinghiere alla Madonna, perché si commuova. […]

Sul banco coperto di un lino, le donne buttano gli orecchini e i braccialetti; gli uomini tornati da una fortunata migrazione le carte da cento e da più: è una montagna d’oro e di denaro che per la prima volta nessuno guarda con occhi cupidi. La Vergine guarda sopra tutti, e i gioielli degli anni passati la coprono come un fulgido ricamo […].

Al terzo giorno di Settembre si fa la processione e si tira fuori il simulacro portatile […] tra lo sparo dei fucili che formano non si sa che silenzio fragoroso, non si sente altro che il battito di migliaia di pugni su migliaia di petti, un rombo di umanità viva tra cui l’uomo più sgannato trema come davanti a un’armonia più alta della mente umana. Le semplici donne che non si sanno spiegare nulla, si stracciano il viso e non riescono neppure a piangere […].