ILLUSTRI REGGINI: BARLAAM DI SEMINARA

Barlaam di Seminara, detto anche Barlaam Calabro nasce a Seminara (Reggio Calabria) nel 1290 ed è stato un filosofo, matematico, teologo, vescovo cattolico e studioso della musica bizantina.

Le notizie certe sulla sua formazione si ricavano dalla bolla con cui papa Clemente VI lo nominò vescovo di Gerace: il documento informa che Barlaam fece il percorso monastico e sacerdotale in Calabria, nel monastero basiliano di Sant’Elia di Capasino (attuale Cubasina) in Galatro, (diocesi di Mileto). Fu educato nella fede nell’ambito della Chiesa Ortodossa, dissidente della Chiesa di Costantinopoli, cui molti continuavano ad aderire nell’Italia meridionale di quell’età, nonostante l’unione alla Chiesa cattolica proclamata dal concilio di Bari del 1098. Studiò e fu ordinato sacerdote nel suddetto monastero  per poi lasciare la regione alla volta di Bisanzio (approssimativamente nel 1326), dove completò la sua istruzione. Non ci sono evidenze sulla formazione culturale ma dai suoi scritti emerge una profonda conoscenza dei filosofi greci, specialmente di Platone e Aristotele, ma anche di San Tommaso d’Aquino e della Scolastica (filosofia e teologia medievali degli umanisti), per cui si devono presupporre contatti con le maggiori scuole di filosofia e teologia dell’Italia meridionale e centrale.

Nella seconda metà degli anni Venti del XIV secolo, il monaco calabrese si mise in viaggio verso l’Etolia e Tessalonica, per poi giungere a Costantinopoli, quando il potere imperiale passò da Andronico II ad Andronico III. Qui incontrò il favore della corte: vi dominava allora Anna di Savoia, figlia di Amedeo V, sposata ad Andronico III, favorevole ai Latini e all’unione delle Chiese. Barlaam ottenne larga fama di dotto e di filosofo e divenne igumeno di uno dei più importanti conventi, quello di San Salvatore. Intanto a Bisanzio si diffondevano i suoi scritti di logica ed astronomia e il gran domestico Giovanni Cantacuzeno gli affidava una cattedra nell’università della capitale.

Ormai la fama crescente di Barlaam presto urtò contro il tradizionale nazionalismo latinofobo dei Bizantini. Il primo scontro avvenne col maggior rappresentante dell’umanesimo bizantino, Niceforo Gregoras, che teneva cattedra nel monastero di Cora. In una sfida accademica, verosimilmente nel 1331, i due dotti si trovarono di fronte a discutere sui campi più vari della conoscenza, astronomia, grammatica, retorica, poetica, fisica, dialettica, logica.

Dopo la sfida, Barlaam divenne stimato professore nel secondo centro culturale dell’impero, Tessalonica, dove ebbe fra i suoi allievi alcuni dei migliori futuri teologi e dotti bizantini: Gregorio Acindino, Nilo Cavasila, Demetrio Cidone.

Nel 1333-1334, nell’ambito delle trattative per la riunificazione tra le due Chiese di Oriente e di Occidente, giunsero a Costantinopoli i domenicani Francesco da Camerino, arcivescovo di Vosprum, e Riccardo, vescovo di Cherson, incaricati dal papa Giovanni XXII.

Grazie al suo prestigio e alla stima di cui continuava a godere presso gli ambienti di corte, Barlaam fu scelto dal patriarca Giovanni Caleca come portavoce della Chiesa ortodossa. Le posizioni delle due parti rimasero inconciliabili e le trattative non ebbero alcun risultato tra l’altro Barlaam fu protagonista di una violenta polemica contro i metodi ascetici e mistiche dei monaci del Monte Athos e del loro sostenitore Gregorio Palamas. La controversia, non vista di buon occhio dalle autorità che desideravano mantenere la pace religiosa, fu risolta nel Concilio di Costantinopoli del 1341. Il discorso finale tenuto da Andronico, che celebrò una generale riconciliazione, non rispecchiò la realtà dei fatti: Barlaam, perdente, vide la condanna delle proprie dottrine e fu costretto a scusarsi formalmente con gli esicasti e a sospendere ogni futuro attacco verso di loro.

Addirittura Giovanni Caleca, con un’enciclica, condannò le tesi di Barlaam e impose la distruzione dei suoi scritti.

Nel frattempo, nel 1339 era stato inviato da Andronico III ad Avignone come delegato in missione diplomatica in Europa, alla quale l’imperatore intendeva sollecitare un intervento per una crociata contro l’avanzata dei Turchi ottomani. Barlaam si era recato a Napoli, insieme a Stefano Dandolo, presso Roberto d’Angiò e poi a Parigi da Filippo VI di Valois per chiedere aiuti militari; infine i due erano andati presso la Curia di Avignone di papa Benedetto XII per ottenere la sua approvazione alla crociata (in cambio Barlaam aveva prospettato un concilio ecumenico per la riunione delle due grandi Chiese). La missione non aveva avuto buon esito, a causa della situazione politica europea ma il monaco calabrese costruì delle relazioni e una rete di amicizie su cui poté fare conto quando, in seguito alla decisione conciliare, decise di lasciare Bisanzio e aderire alla Chiesa d’Occidente.

Dopo il fallimento del concilio di Costantinopoli del 1341 e la morte, nello stesso anno, di Andronico III, Barlaam tornò in Calabria e da lì raggiunse a Napoli l’umanista Paolo da Perugia con cui collaborò nella compilazione delle Collectiones e nel riordinamento della libreria angioina. Tra l’agosto di quell’anno e il novembre del 1342 fu ad Avignone da papa Clemente VI. Qui conobbe Francesco Petrarca, al quale insegnò il greco e dal quale fu avviato alla conoscenza del latino, con cui aveva poca dimestichezza; ma ancor più importante fu il definitivo passaggio di Barlaam alla fede cattolica.

Il Petrarca si adoperò per fargli assegnare la diocesi di Gerace, di cui Barlaam fu nominato vescovo il 2 ottobre dello stesso 1342, consacrato dal cardinale Bertrando del Poggetto.

Nel 1346 fu nuovamente inviato in missione diplomatica dal papa a Costantinopoli in un rinnovato tentativo ecumenico ma data la grande influenza di Palamas il tentativo, ancora una volta, si risolse in un insuccesso.

Fece ritorno ad Avignone, dove rimase fino alla morte avvenuta nei primi giorni di giugno del 1348.