PUNTA CALAMIZZI

Punta Calamizzi, anticamente denominata Pallantiòn (Pallanzio) o Promontorio reggino, era una lingua di terra che s’inoltrava per alcuni chilometri nel mare, qui sfociava il fiume Apsìas (oggi fiumara Calopinace). Il promontorio, riparato dai venti e dalle correnti dello Stretto di Messina, costituiva l’antico porto di Reggio.

L’area costituiva la zona più antica della città di Reggio Calabria abitata originariamente  dalle popolazioni autoctone Aschenazi e Ausoni e, successivamente, nell’VIII secolo a. C., punto d’approdo dei coloni greci che qui fondarono Rhegion  (prima città-stato in Calabria tra le più fiorenti della Magna Grecia) come indicato dall’oracolo di Delfi che disse ai greci, (guidati da Antimnestos, o Arimnestos), di fondare la nuova polis in Italia alla foce del fiume Apsias, accanto al Pallantiòn. Ai coloni greci, secondo alcune ipotisi, è dovuta la denominazione del toponimo che potrebbe derivare da un’omonima località greca chiamata appunto Kalamitsi.

Tucidide definì Reggio,  per il promontorio di Punta Calamizzi come “Acrotèrio d’Italia”, volendo quasi ricongiungerla alla Sicilia in un’armoniosa ed unica estensione, come fosse la decorazione sommitale di un tempio di prestigio, immortalata dall’autore in una frase che ne sintetizzò la bellezza, la grazia e la magnificenza, immaginandola quasi come “la decorazione terminale dell’Italia greca come fosse appunto il “tempio d’Italia“.

Il promontorio Artemisio, divenuto poi Punta Calamizzi, ospitava il tempio di Artemide Fascelide , un luogo di culto, che rimase celebre fino all’avvento del Cristianesimo. In periodo bizantino, il monastero di San Nicola di Calamizzi e la chiesa di San Giorgio Drakoniaratis.

Il 20 ottobre del 1562 verso le ore 23:00 dopo una forte scossa sismica fa improvvisamente sprofondare Punta Calamizzi privando la città del suo porto naturale, quel prezioso lembo di litorale disegnato dalla natura nel cuore del Mediterraneo .

Ma forse la potenza distruttiva della natura non è la solo causa dell’inabissamento di Punta Calamizzi.

Una concausa allo sprofondamento di questo lembo di terra si potrebbe attribuire alla deviazione del fiume Calopinace decisa quando Reggio era sotto il dominio spagnolo. Questi avevano la necessità di difendere l’importante porto dalle continue scorrerie dei turchi decidendo così di costruire una moderna fortificazione dotata di artiglieria con polvere da sparo sul fronte a mare della città con il nome di Castelnuovo (Fortino a Mare). Lo spazio per tale edificazione non era però sufficiente e si è pensato di deviare verso sud la foce del fiume Calopinace. I lavori cominciarono nel 1547 e successivamente interrotti. Nel dicembre del 1562 la Punta Calamizzi sprofondò a mare rendendo inutile la costruzione del  forte che rimase incompiuto.

Alcune teorie ipotizzano che la deviazione del Calopinace abbia minato il fragile basamento del promontorio, geologicamente instabile, facendolo sprofondare anche se non per tutta la sua estensione.  Fonti storiche attestano, infatti, che la parte della Punta di Calamizzi, dove era ubicata la Chiesa del Monastero di San Cipriano di Calamizzi rimase in piedi fino al terremoto del 1783.