LOCRI, IL PARCO ARCHEOLOGICO

L’antica città di Locri Epizefiri è la più recente delle poleis calabresi; fondata dai coloni greci che provenivano dallo Locride Ozolia o Opunzia, alla fine dell’VIII sec. a. C. In età romana, divenne municipium, che fu poi abbandonato intorno all’VIII sec. d.C., a causa delle incursioni arabe, quando il centro fu trasferito su una collina vicina, col nome di Gerace. Il parco archeologico della città antica è al momento frazionato in almeno quattro vaste aree non collegate tra loro, ed include un antiquarium che recentemente è stato riallestito.

Da qui inizia la visita che si protrae fino al tempio di contrada Marasà e ad un settore delle mura urbane, con la torre ellittica, nella contigua contrada Parapezza. Del tempio di ordine ionico costruito in più fasi, rimane il basamento su cui è stata ricollocata l’unica colonna rinvenuta. Costruito alla fine del VII sec. a. C., fu ampliato in una fase successiva che si data alla metà del VI sec. a. C.  e radicalmente ricostruito nel V sec. a. C., con orientamento e materiali diversi. A quest’ultima fase costruttiva (480-470 a. C.), sono riconducibili le strutture più monumentali attualmente visibili: peristasi (basamento) con 17 colonne sui lati lunghi (di cui una residua) e 6 sui lati corti, cella (parte centrale), pronao (entrata), opistodomo (parte posteriore), ed altare antistante l’edificio; la decorazione (frontale o acroteriale) del tempio, con le due figure dei Dioscuri a cavallo di un Tritone, è esposta al museo archeologico di Reggio Calabria. A poca distanza è visibile un ampio tratto delle mura di cinta in grandi blocchi di arenaria locale detta ammollis, con annessa la fondazione della torre ellittica, già in uso nel VI sec. a. C., ma che fu ristrutturata in età ellenistica.

In località Centocamere è un settore molto esteso dell’impianto urbano della città, con grande numero di case e parecchie fornaci di varie forme e dimensioni, che costituivano il quartiere ceramico, dove operavano gli artigiani locresi. Le abitazioni, che si distribuivano lungo una rete viaria costituite da strade maggiori (plateiai), parallele alla costa, che intersecavano ad angolo retto altre vie più strette (stenopoi), erano in genere costruite da un cortile interno scoperto, intorno al quale si disponevano gli ambienti; il più delle volte si trattava di case-botteghe dove vivevano e lavoravano gli artigiani. La casa più grande e interessante, finora rinvenuta, è la cosiddetta “casa dei leoni”, costruita nel III sec. a. C., che deve la sua denominazione al reimpiego di lastre decorate con teste leonine, residuo di un tempio più antico. Sempre in questa località è visibile, ubicato al di fuori delle mura di cinta, il santuario di Afrodite, noto anche come ”Stoà ad U”, costruito già alla fine del VII sec. a. C. e ampliato intorno alla metà del VI sec. a.C. La pianta è formata da piccole stanze che si dispongono ad “U”, intorno ad un vasto cortile centrale, dove furono rinvenuti più di 300 pozzi sacri, colmi di materiale votivo e sacrifici di animali. La dedica ad Afrodite su alcuni frammenti ceramici ha fatto connettere questo santuario, alla pratica della prostituzione sacra, tramandata anche dalle fonti; nel IV-III sec. a. C. tutta l’area perde il carattere sacro, perché viene utilizzata come impianto artigianale, per la presenza di alcune fornaci.

La terza tappa della visita è il teatro, l’edificio, nel suo genere, più monumentale esistente in Calabria; esso è ubicato nei pressi dell’attuale Dromo, che coincide con la grande plateia che attraversava  tutta la città in senso sud-nord, e la collegava con il territorio. L’edificio teatrale è ben leggibile in tutte le sue parti canoniche: la cavea, a forma semicircolare addossata al pendio collinare, con i gradini per gli spettatori, divisi in sette settori (cunei) da scalette d’accesso che permettevano, in modo agevole, la distribuzione degli spettatori nei vari ordini di sedili; l’orchestra, spazio dove agiva il coro, ha la sua tipica forma a ferro di cavallo, e in età romana, venne separata dalla cavea da un alto muraglione che ne segue l’andamento; ad essa si accede attraverso dei passaggi laterali (parodoi), di cui si conserva quello ubicato a nord; la scena, ha pianta rettangolare con proscenio e parasceni; alle sue spalle ci sono due pozzi ricchi di materiali votivi, che sono stati ricollegati al culto di Dionisio. Tuttora incerta la cronologia dell’edificio che potrebbe essere datato, nel suo primo impianto al IV sec. a. C., mentre sono evidenti parecchi rifacimenti di età romana, che sono da collegarsi alla trasformazione della tipologia degli spettacoli e cioè al più tardo utilizzo del monumento come anfiteatro.

L’ultima area di visita è quella del Casino Macrì, di cui è in corso l’esproprio e lo scavo che ha rivelato al di sotto delle fondazioni dell’edificio ottocentesco l’esistenza di monumentali strutture di età romana, di cui è in corso lo studio e la sistemazione espositiva .Della città antica sono state rinvenute anche altre aree sacre (tempio dorico di casa Marafioti, teca del tempio di Zeus, santuario alla Mannella) e alcuni settori fortificati della cinta muraria (torre Castellace), tutti monumenti ubicati in località non facilmente raggiungibili, e pertanto di non agevole visita.

 

 

Tratto da “scopriamo la provincia di Reggio Calabria –Gli itinerari della storia (2002)