STORIA REGGINA: LA CASERMA DUCA D’AOSTA

La caserma Duca d’Aosta è una costruzione di epoca umbertina, probabilmente coeva ai fortini posti in entrambi i lati dello Stretto. Essa presenta tre grandi edifici che insistono su un grande spiazzo centrale. L’intero impianto è stato ristrutturato durante il ventennio fascista, periodo nel quale vennero costruiti grandi contrafforti per consolidare il grosso muro di cinta. Di estremo interesse è proprio la cinta muraria, che sembra ricalcare una fortificazione del XVI-XVII secolo, citata da Spanò Bolani nella sua Storia di Reggio, a proposito delle difese della città all’esterno delle mura urbiche: “Aveva Reggio due forti (scilicet nel XVI secolo), l’uno posto alle alture, l’altro in Santa Caterina di Musumeci al lido del mare” (Spanò Bolani, VI, III, 2).

Delle strutture di epoca umbertina rimangono le mura di cinta delle fortezza, concepita con compiti diversi delle truppe, come fu poi la caserma Duca d’Aosta. L’ingressso principale si trova proprio alla sommità della collina, con una strada militare che nasce come diverticolo dalla via Reggio Campi, la via di penetrazione di Reggio all’Aspromonte, passando per la fortezza bizantina di Motta San Cirillo (Terreti) e di Ortì (Motta Anomeri). Dal alato verso la città bassa un ulteriore accesso, evidentemente di impianto più antico, si trovava in corrispondenza di via Cupola, che prende il suo nome dalla cupola della cisterna idrica che riforniva la fortezza, distrutta solo nel corso degli anni ’90. La via Cupola, che entrava in città tramite via del Salvatore e via Crisafi, è un miracolo di sopravvivenza di una strada già di epoca classica, che portava fino all’acropoli della polis.

Il lato delle mura posto verso la via Vecchio Cimitero si presenta di notevole interesse, perché dimostra che l’originaria costruzione era stata progettata per il combattimento, essendo conformato con uno spigolo e pendenze atte a deviare e smorzare i colpi di cannone nemici, che, all’epoca, si presupponeva potessero giungere da occidente. Il resto della cinta si può vedere ergersi al lato della via Reggio Campi, mentre la porzione di mura posta ad oriente si trova incassata sul fianco della collina dell’acquedotto e non risulta visibile se non dalla sommità dell’altura.

 

[Tratto da “Reggio Città d’Arte” (di Daniele Castrizio) – anno 2005]