REGGIO CALABRIA, EMERGENZA RIFIUTI E DEGRADO, DI CHI È LA COLPA?

Reggio, come anche parte della sua provincia e della stessa Calabria, è in una  emergenza rifiuti perenne. Nonostante il decennio di commissariamento, “la spada di Damocle” pende minacciosa sulla salute dei cittadini fin troppo rassegnati alla insostenibile situazione. Le discariche di Pianopoli e Sambatello sono al collasso, ormai al limite massimo della capienza; il raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro è un progetto abbandonato nonostante l’avanzamento dei lavori.

Che Reggio sia una città sporca non sono certo io a dirlo. Basta percorrere le strade, dal centro alle periferie, un odioso olezzo a rendere l’aria irrespirabile fuoriesce dalle tonnellate di rifiuti non raccolti. Sui marciapiedi poi, escrementi di cane sembrano opere d’arte. Erbacce, un po’ ovunque, somigliano a foreste.
Ma torniamo alla “mundizza”. Da un’analisi – anche sommaria – non serve certo la zingara per comprendere che la stragrande maggioranza delle colpe sono da attribuire alla politica, incapace di programmare e gestire gli “scarti”, il “non più necessario”, di un popolo moderno che produce tanti rifiuti. Ma il cittadino è incolpevole in tutto ciò?
Quello che apparentemente è il “danneggiato” ha anche tanta colpevolezza. Tralasciando le poche proteste in ambito zonale, il reggino non ha avuto l’accortezza di una ferma opposizione a questo stato di cose. Il reggino ha approfittato di questa situazione per fare pulizia dei scantinati, sgabuzzini e cantine, ed ecco che tra i cumuli di spazzatura fanno bella mostra, per eccellenza, frigoriferi, scaldabagni e televisori dismessi. Non manca la presenza di porte, botti, passeggini e ogni altra cosa che occupava spazio in casa. Poi c’è l’aspetto delinquenziale. Qualche incosciente pensa di risolvere il problema rifiuti bruciandoli per strada, assistendo così a centinaia di roghi sprigionanti la tossica e cancerogena diossina. Forse gli aspetti negativi non si vedono nell’immediato, ma (augurandomi di sbagliare) li pagheremo in futuro.

Ultimo aspetto, il più importante, è quello della mancanza di volontà e di una seria organizzazione nella differenziazione dei rifiuti. Accostandosi ai cumuli di spazzatura ci si accorge di una elevatissima percentuale composta da materiale riutilizzabile (carta, plastica, alluminio, vetro), specialmente nelle vicinanze di attività commerciali, o grossi quantitativi di umido nelle vicinanze di qualche venditore di frutta. Materiale questo che rivenduto porta introiti nelle casse del Comune e che potrebbe essere un punto forte per l’abbattimento dell’odiata TARSU.

Reggio deve togliersi di dosso l’etichetta di città del “mi ‘ndi futtu”.

Reggio deve rialzarsi volgendo il capo verso l’alto, riappropriandosi così del suo territorio.
Reggio deve diventare una città turistica perché tutti i presupposti sono presenti, dalla bellezza paesaggistica ai reperti archeologici.
Se ci sono colpe di qualcuno, indagherà chi di dovere per accertarle. Noi, cittadini di questa terra che abbiamo tanto a cuore, dobbiamo rimboccarci le maniche e ripartire per garantire in questa città il futuro dei nostri figli.
Chi amministra la “cosa pubblica” sappia che deve programmare, al più presto, un serio progetto di raccolta differenziata porta a porta facendo sparire le vergognose montagne di rifiuti (compresi i cassonetti) che sommergono le nostre strade. È questa l’unica via da percorrere per ridare dignità a questo territorio.
Fondamentale è inculcare alle nuove generazioni la cultura della differenziazione dei rifiuti e il loro riciclo. A riguardo, un plauso va a quelle scuole cittadine che si stanno muovendo in tal senso come la Nosside/Pythagoras e il Corrado Alvaro.
In ultimo, servono controlli che multino sonoramente chi non intende rispettare le regole della raccolta dei rifiuti, o come suggerisce il noto imitatore Gennaro Calabrese, più che multare bisogna fare un “richiamo pubblico”, perché il reggino tiene più all’orgoglio che al portafoglio.