GIANGURGOLO LA MASCHERA CALABRESE

Ogni regione italiana ha le sue maschere e i suoi tradizionali festeggiamenti di Carnevale.

Anche la Calabria ha la sua maschera, Giangurgolo che si rifà alla commedia dell’arte.

Giangurgolo, ha l’aspetto di un signorotto ricco, spaccone e spavaldo come colui che esige rispetto senza darne in cambio dalle persone più umili. E’ sempre affamato e avido di cibo disposto a tutto pur di arraffare qualcosa con cui saziarsi, anche a costo di  rubare. Nell’approccio con le donne riesce a mettere da parte i suoi lati grotteschi facendo sfoggio di una erudizione barocca, artificiosa, finendo però sempre deriso e sbeffeggiato soprattutto a causa del suo aspetto fisico. Convenzionalmente, porta sul volto una maschera  rossa arricchita da una naso di cartone, sul capo un cappello a forma di cono, indossa un colletto  alla spagnola arricciato, un corpetto a righe rosse e gialle, calzoni sempre rossi e gialli fin sotto il ginocchio, calze bianche ed un cinturone al quale è appesa una lunga spada che usa reiteratamente con chi è più debole ma che resta puntualmente penzoloni di fronte a chi potrebbe suonargliele.

L’origine di questa maschera è incerta, alcune fonti letterarie dicono che essa sarebbe nata a Napoli e successivamente fu importata a Reggio e in Calabria per mettere in ridicolo le persone che imitavano i cavalieri siciliani “spagnoleggianti”, bravi soltanto con le chiacchiere, boriosi dediti alla gola, arroganti, millantatori e codardi, infatti intorno alla metà del XVII secolo, quando la Sicilia passò ai Savoia, vi fu una massiccia migrazione di nobili spagnoli siciliani verso la città di Reggio e la maschera sarebbe stata dunque adattata a questi nobili decaduti  diventando tradizionale della regione. Secondo un’altra ipotesi la maschera sarebbe nata ad immagine e somiglianza di una persona realmente esistita a Catanzaro.

Secondo alcuni studiosi il suo nome deriverebbe da Gianni Boccalarga o Gianni Golapiena, caratterizzandone così subito le peculiarità: persona di molte chiacchiere, di grande ingordigia e fame. Altre fonti indicherebbero una derivazione dal nome Gian=Zanni  (tipico personaggio della commedia dell’Arte con diverse varianti in Italia, tra queste, appunto, Giangurgolo.Della parola Zanni rimane infatti ancora oggi traccia nel dialetto reggino con significato di “fare scherzi”)  e Gurgolo (con significato di  “bocca larga” o “grande bocca”, un personaggio ingordo dotato di appetito insaziabile, ma soprattutto inteso in senso di spacconeria, un personaggio di molte parole e di pochi fatti).

La maschera di Giangurgolo ha avuto una notevole diffusione godendo di grande considerazione negli spettacoli della Commedia dell’Arte tra i secoli XVII e XVIII sia nei teatri sia nelle strade.

In una incisione dell’abate Jean-Claude Richard de Saint-Non che descrive “i dintorni di Reggio” è chiaramente visibile una scena di commedia, un pezzo di teatro fatto per strada dove è protagonista Giangurgolo.

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