FRANCESCO, IL SANTO DI PAOLA

Patrono della Calabria e fondatore dell’Ordine Minimi, Francesco nacque a Paola il 27 marzo 1416 e morì a Plessis-les-Tours il 2 aprile 1507 di Venerdì Santo.

Il nome di Francesco gli fu imposto dai genitori perché il bimbo venne al mondo dopo quindici anni di matrimonio e una novena al santo di Assisi. Il secondo miracolo avvenne a un mese dalla sua nascita, quando la madre si accorse che il bambino era gravemente malato all’occhio sinistro. Fece allora il voto di chiudere il figlioletto per un anno nel convento dei frati Minori, per fargli vestire l’abito dell’Ordine. La cosa piacque a San Francesco d’Assisi che ridonò subito la vista al piccolo Francesco. Così a 13 anni il giovinetto venne portato al convento dei Francescani di San Marco Argentano, vicino a Cosenza, dove fece i primi miracoli.

I buoni frati del convento lo videro lievitarsi diverse volte da terra in contemplazione; accendere il fuoco del camino per cuocere i fagioli con un semplice segno della croce; far bollire l’acqua e cuocere i fagioli in un istante!

Lasciato poi il convento, si ritirò in un luogo isolato di Paola dove molti giovani si unirono a lui per vivere da eremiti nella preghiera e nella penitenza.

Prima di accogliere i suoi compagni, Francesco aveva chiesto il permesso al vescovo di Cosenza, Bernardino Caracciolo, che glielo accordò, anche perché i miracoli andavano moltiplicandosi e Francesco era riconosciuto come un taumaturgo.

Fermò infatti un grande macigno che stava rotolando su un mulino; con un semplice segno della croce scongiurò un incendio che stava divampando nella fornace del santuario; tenne tra le mani carboni ardenti senza scottarsi; risuscitò l’asinello Martinello mangiato dagli operai del convento che ne buttarono i resti nel fuoco. Oltre a Martinello, Francesco risuscitò anche la trota Antonella mangiata in parte da un prete che l’aveva pescata in una fonte fatta sgorgare dal santo per dissetare gli operai del santuario. Quando Francesco seppe che la trota era stata catturata dal prete, lo fece inseguire da un frate che, entrato nella casa del sacerdote, lo supplicò di dargli la trota. Il prete, contrariato di non poter gustare un pesce tanto prelibato, gettò a terra quanto gli rimaneva nel piatto, ma il frate, raccolti i pezzi di Antonella, li riportò a Francesco che li rimise nell’acqua della fonte supplicandoli di riunirsi e di ritornare a vivere. E la trota tornò a guizzare per indicare quale potere aveva colui che credeva fermamente in Dio.

Un altro grande miracolo Francesco lo fece a Catona, un piccolo centro di Reggio Calabria dal quale si passava in barca a Messina. Poiché nessuno osò traghettarlo in Sicilia, a causa del suo aspetto burbero, incolto e miserrimo , il santo gettò nell’acqua il suo mantello, vi salì sopra e volò veloce verso l’altra sponda.

Poiché in Sicilia, a Paternò, ebbe in dono due giovenchi, ricordandosi dei suoi buoni confratelli lasciati nel convento calabrese, decise di inviarglieli. Legò sul collo degli animali un foglietto con l’indirizzo del convento, li benedisse e comandò loro di andarsene da soli. Allora gli animali, scesi in acqua, nuotarono agevolmente per tutto lo Stretto raggiungendo in poco tempo il convento loro indicato.

Quando il Re di Francia Luigi XI a conoscenza delle qualità taumaturgiche di Francesco lo volle a tutti i costi incontrare. Il santo si rifiutò, inizialmente, di andare in Francia, ma su ordine del papa dovette accettare. Giunto a Plessis-les-Tours dove il re stava morendo, non volle per nulla al mondo guarirlo dalla sua malattia, ma lo invitò a rendere l’anima a Dio confessando tutte le sue colpe.

Dalla Francia, purtroppo, non riuscì più ad allontanarsi perché gli fu proibito dalla reggente Anna di Beaujeu e poi da Carlo VIII.

Quando morì venne perciò sepolto in Francia e nel 1519 fu proclamato santo. Purtroppo la sua tomba fu profanata dagli Ugonotti, nel 1562, che la bruciarono e di lui non resta oggi che qualche reliquia traslata a Paola nel 1935 e nel 1955.

Nel 1943, il papa PioXII lo volle eleggere patrono della gente di mare italiana, in ricordo dei suoi sensazionali miracoli nello stretto di Messina.