CHIESA DELL’ARCO DI BOVETTO E STORIA DELLA MADONNA DELL’ARCO

La devozione in onore della  Madonna dell’Arco in Reggio Calabria risale ad alcuni secoli fa. Già nel 1600 esiste nel popoloso rione di Archi, poco distante dal centro cittadino, la parrocchia dedicata a “Santa Maria Ab Arcu”. Tale indicazione fa pensare ad una devozione già praticata e che si è coltivata in Archi fino al secolo scorso, quando il titolo della parrocchia risultava San Giovanni Battista. Sul lato opposto della città, nella zona di Ravagnese, poco distante dall’aeroporto, c’è una contrada che prende il nome dal torrente Bovetto e che viene pure denominata Archi o Archicello appunto da “Madonna dell’Arco”.

E’ della devozione qui a Bovetto che si intende dare qualche notizia, avvertendo subito che, specialmente per quanto riguarda le prime manifestazioni devozionali, le notizie sono state raccolte dalla viva voce dei più anziani senza aver potuto controllarne la rigorosa storicità.

Secondo la tradizione agli inizi del 1800 un tale Francesco Tripepi di nobile famiglia reggina, si trovava a Napoli ed in un tumulto popolare venne coinvolto nell’accusa di omicidio essendo rimasto ucciso nello stesso tumulto un uomo. Il Tripepi invano si dichiarava innocente e dopo un giudizio sommario veniva condannato a morte. Rassegnato al suo destino chiese un’immagine della Madonna per rivolgere a Lei le sue preghiere. Gli venne data ed il Tripepi dopo averla devotamente baciata, se la pose sul petto in attesa dell’esecuzione. Furono sparati sette colpi dal plotone dell’esecuzione contro il Tripepi ma nessun colpo raggiunse il bersaglio. Le autorità videro in questo un segno dall’alto e riveduto il processo si convinsero dell’innocenza del giovane. Liberato, il Tripepi si recò al Santuario dell’Arco per ringraziare la Madonna e volle portare con sé una immagine a Reggio. Aveva alcuni appezzamenti di terreno lungo il torrente Bovetto e qui volle costruire una chiesetta nella quale fu apposta l’immagine della Madonna dell’Arco. Da quel lontano periodo si diffuse in quella gente una forte devozione. Nel 1896 la prima immagine venne sostituita da una tela grande 1,20 x 1,50 che raffigura la Vergine con il Bambino Gesù in braccio, due Angeli alle spalle che sostengono un arco e il manto della Madonna. Intanto la primitiva cappella veniva ingrandita, ma restava danneggiata dal terremoto del 1908. I nuovi proprietari vollero, con la collaborazione dei fedeli, restaurarla e dopo tali lavori la chiesetta fu ceduta nel 1915 all’arcivescovo di Reggio Monsignor Camillo Rousset il quale assicurò, tramite il parroco di San Gregorio, la Santa Messa festiva, autorizzando la celebrazione della festa annuale alla fine di settembre. La devozione ebbe una nuova spinta e qui ai piedi della venerata immagine si avvicendarono negli anni difficili della prima guerra mondiale, dell’immediato dopoguerra, molti giovani della zona che partivano per paesi lontani portando in cuore il sorriso della Madonna. Le tremende alluvioni del 1951 e 1953 che tanti lutti seminarono, non risparmiarono nemmeno il Santuario di Bovetto.

Nel 1948 Sua Eccellenza Monsignor Antonio Lanza, arcivescovo di Reggio, avvertiva la necessità di fondare a Bovetto una nuova parrocchia distaccandola da San Gregorio. Il primo parroco è stato il Reverendo Padre Angelo Cargnin che avviò subito un proficuo lavoro di organizzazione delle diverse attività parrocchiali, tra le quali un asilo nido dedicato alla Madonna.

Il suo successore fu don Gaetano Spanò, il quale tra difficoltà di ogni genere continuò la sua opera. In questo periodo a causa dell’aumento della popolazione si avvertì la necessità di costruire una nuova chiesa nel popoloso rione di Croce Valanidi. Il problema sorgeva a causa del trasferimento di oltre cento famiglie dalle zone alluvionate alle nuove palazzine di Croce Valanidi. Al primo gennaio 1965 venne nominato parroco don Matteo Plutino e fu in questo periodo che, espletato l’iter burocratico, sul progetto dell’Ing.Roberto De Salvo, nel 1966 si iniziò la costruzione della nuova chiesa di Croce Valanidi. I lavori procedettero velocemente tanto che nel settembre 1967 Monsignor Giovanni Ferro poteva aprire il nuovo tempio al culto.

Intanto per iniziativa del parroco, con la collaborazione della generosa popolazione di Bovetto, si poneva il problema di rinnovare i locali della vecchia chiesa di Bovetto. Per agevolare questo compito, tra mille difficoltà di rilievo, nel marzo del 1969 venivano acquistati i locali antistante la vecchia chiesa. La sensibilità e la generosità del popolo veniva impegnata nella realizzazione di questo sogno, nella speranza di poter, nel tempo, ricordare alle generazioni future, il segno della devozione del nostro tempo elevando alla Madonna dell’Arco un nuovo tempio che renda sempre più viva e profonda la tenera devozione popolare nel luogo a Lei caro.

Nel 1998, cinquantenario dell’apertura al culto, la popolazione di Bovetto ha offerto una lapide posta all’ingresso della chiesa nella quale si riporta in breve la storia ed un bellissimo stemma mosaico al centro della chiesa.

Attualmente la chiesa è affidata a don Antonio Vinci il quale si dedica con impegno a questa comunità.

LO STILE

La chiesa è in stile “liberty”, stile fiorito intorno al 1900 in Europa e particolarmente in Inghilterra, nelle arti decorative e in architettura.

Il termine è diventato importante in Italia accanto a quello floreale, per indicare il fenomeno artistico sorto alla fine del diciannovesimo secolo, caratterizzato da ritmi decorativi su due dimensioni, predilige un’architettura con decorazioni derivate da fiori e piante, con linee curve ed eleganti. Nella chiesa vi sono vari mosaici, uno stile affascinante ed impegnativo, i quali rappresentano sopra l’altare degli angeli coperti da un arcobaleno che tengono in mano il quadro della vergine dell’Arco. Un altro rappresenta Cristo sulla Croce e infine i più belli che narrano la storia di Francesco Tripepi e del suo viaggio a Napoli, quando venne salvato dalla vergine.

LA STORIA DELLA MADONNA DELL’ARCO

La storia della chiesa dell’Arco di Bovetto comincia in un lunedì dopo Pasqua del 1450 a Napoli, sulla via nazionale che giungeva a Somma; dei giovani giocavano, vinceva chi lanciava più lontano una palla, colpendola con un maglio. Nel corso del gioco la palla di uno di essi deviò e si arrestò contro un tronco di tiglio che ombreggiava un’edicoletta su cui era dipinta un’immagine della Santa Vergine. Il giocatore, vistosi perdente, al colmo dell’ira, bestemmiando scagliò la palla contro la Vergine colpendola sulla guancia sinistra che, quasi fosse di viva carne, cominciò a sanguinare. Gli astanti atterriti volevano linciare il sacrilego, ma il conte di Sarno, deputato contro i briganti, trovandosi a passare di lì, dopo un processo sommario, fece impiccare l’empio al tiglio stesso.

Da quel giorno l’edicola diventò meta dei devoti pellegrinaggi. La vergine, che così miracolosamente aveva mostrato quanto fosse cara a Lei la modesta immagine sua, fu larga di benefici e di grazie, ed i fedeli, riconoscenti, eressero una piccola cappella. Nuovi prodigi in breve seguirono al primo. Fra gli altri destò meraviglia e raccapriccio quello avvenuto ad Aurelia del Prete di Sant’Anastasia, donna deforme di anima e di corpo. Costei, per aver imprecato e bestemmiato contro la Sacra immagine nel lunedì di albis del 1590, si vide in punizione cadere entrambi i piedi che, a testimonianza del miracolo, ancora oggi sono esposti in una gabbietta di ferro in una sala del Santuario.

Sua eccellenza monsignor Fabrizio Gallo, vescovo di Nola, il giorno 11 maggio 1590 fece dell’accaduto regolare processo canonico. I fedeli furono generosi nelle offerte e quindi vollero che si costruisse un tempio. Papa Clemente VIII mandò da Roma San Giovanni Leonardi di Lucca il quale cominciò la costruzione del tempio nel 1593. Il 1°agosto 1594 il tempio fu affidato all’ordine dei Domenicani, che tuttora lo custodiscono.

Nel 1621 i Padri vollero abbellire la sacra Immagine di marmi preziosi e affidarono il compito all’architetto Bartolomeo Picchiatti. Ne venne fuori un gioiello d’arte e la vergine mostrò di gradire il filiale omaggio operando un nuovo miracolo.

Durante i lavori si constatò che una grossa pietra vesuviana toccava con una delle sue punte l’intonaco ove era dipinto il volto della Vergine, non si poteva estrarla senza danneggiare l’immagine.

I padri si rivolsero alla Madonna e Lei li esaudì.

 

 

Tratto da “LA SCUOLA DA SCOPRE IL TERRITORIO” della Scuola Media Statale Pythagoras –Ravagnese- Reggio Calabria, edito da “FALZEA EDITORE” NEL 2002