UN PERICOLOSO FENOMENO SI AGGIRA LUNGO LE STRADE ITALIANE: L’INCUBO AUTOSOCIAL. L’INSENSATA STRAGE DIGITALE PROVOCATA DA AUTOMOBILISTI CHE MENTRE GUIDANO CHATTANO O SCATTANO SELFIE

Ogni stagione italiana ha i suoi campioni e i suoi fanatici. In questo scampolo di XXI secolo solo la politica è più stramba del traffico. Avete notato , per esempio, l’aumento vertiginoso dell’Autosocial? Individui che, mentre stanno al volante, devono rispondere ad un sms, partecipare alla chat su WhatsApp , controllare Facebook, scrivere un tweet.  Per far questo rallentano, poi accelerano, poi quasi si fermano, poi ripartano e avanzano a zig zag, come pitoni ubriachi.

Un avvertimento:  non state per leggere un divertente articolo di costume. Stiamo per esplorare, invece, il nuovo abisso dell’imbecillità di massa. Abisso drammatico: perché anche così si muore e si uccide. Il numero di incidenti stradali collegati all’uso di smartphone è cresciuto in maniera esponenziale. Un’insensata strage digitale di cui potremmo fare a meno. Scattare un selfie alla guida – spiega Asaps (Associazione amici della polizia stradale) – richiede in media 14 secondi. Accedere ai social deconcentra il guidatore per almeno 20 secondi, un tempo in cui un’auto che procede a 100 km/h percorre una distanza pari a cinque campi di calcio. Per comporre un numero di telefono – o cercare un nome sulla rubrica – occorrono almeno 7 secondi, in cui si distolgono gli occhi dalla strada. A 50 km/h così si percorrono 98 metri, a 100 km/h quasi 200 metri, lungo i quali possono accadere molte cose, non tutte divertenti. Ora che il Tutor ha portato un po’ di buon senso sulle nostre autostrade, e la voracità municipale ha riempito l’Italia di autovelox, il pericolo maggiore non è costituito dalla velocità. Il pericolo è rappresentato da un bulletto sorridente che, mentre guida, chatta e non s’accorge che le auto davanti si sono fermate per lasciar passare un bambino. Leggo che nuove tecnologie stanno per arrivare in soccorso della polizia. L’Autosocial verrà fotografato  in flagranza d’idiozia, e dovrà risponderne. Che dire? Non è mai troppo presto. Un tempo, un’auto che procedeva a zig zag lasciava pochi dubbi: principiante assoluto o alcolizzato recidivo. Oggi è un tipo distinto che gioca con il tablet appoggiato sul cruscotto. Le case automobilistiche fanno del loro meglio per semplificare i comandi e ridurre le distrazioni alla guida: ma noi, imperterriti, ne troviamo di nuove. Non accade solo in Italia, sia chiaro. Una ricerca di Ford, condotta su un campione di 7.000 giovani europei nella fascia di età 18-24, ha stabilito che un ragazzo su quattro posta o controlla i social mentre è al volante, e si è fatto un “selfie” al volante. Uno su due ha ammesso di aver scattato foto durante la guida. Naturalmente, spetta alle forze dell’ordine scoraggiare questi comportamenti. Ma di notte, o con il brutto tempo, è praticamente impossibile contestare certe infrazioni. Il rischio è che accada con gli smartphone quant’è accaduto, purtroppo, con il cellulare, a partire dalla metà degli anni ’90:l’impunità ha introdotto la consuetudine. Basta girare oggi in città per rendersene conto. Piccole auto schizzano qui e là come zanzare isteriche, mentre i conducenti chiacchierano amabilmente con l’apparecchio all’orecchio o gestiscono la propria vita online. E i motociclisti non sono da meno. L’abbiamo visto in tanti, l’equilibrista che regge il manubrio con la sinistra e spedisce messaggi  con la destra (se è mancino, viceversa). L’abbiamo odiato tutti, il ridanciano con l’iPhone incastrato tra il casco e l’orecchio. E non gli cade nemmeno! Perché, diciamolo: sarebbe una perfida consolazione. Perché questi personaggi non vengono puniti? Per un eccesso  di tolleranza, temo. Ma la tolleranza è come il colesterolo: un po’ va bene troppo fa male. Se ascoltaste i conducenti beccati con smartphone, scoprireste che in Italia i divieti non sono regole, ma spunti per un dibattito. Sembra impossibile che il troglodita che guida a 15 km/h in città mentre messaggia – ignorando la strada, rallentando il traffico – sia in grado di giustificarsi, quando viene fermato dalla polizia. Invece lo fa, spaziando dall’antropologia alla psicologia, ricordando i principi della cinetica e quelli del diritto, invocando interpretazioni favorevoli e margini di errore, affidandosi alla discrezionalità e alla clemenza dell’autorità. Quel messaggio era urgente! Fondamentale! Drammatico! Decisivo per le sorti dell’umanità! Mi creda, agente. Per come guida, l’Autosocial sarebbe da arrestare. Per come discute merita una cattedra universitaria. Il poliziotto che l’ascolta pensa proprio questo. E dice tra sé: “Va bene, stavolta sarò tollerante … “ sbagliato: salvando lui, condanna tutti noi.

 

Di Beppe Severgini, tratto da “Polizia Moderna 2017”