REGGINI ILLUSTRI: GIUSEPPE BATTAGLIA

Giuseppe Battaglia nacque nel casale preaspromontano di Ortì, a pochi chilometri da Reggio, in Calabria Ulteriore (Ultra) dal patrizio Domenico e da Caterina de Mendoza Lopez Baeza. Fu battezzato in casa nel giorno della nascita, in quanto in pericolo di morte, il 7 maggio del 1747 dal sacerdote Giovanni Malara della chiesa di Santa Maria Lauretana di Ortì.

Il padre gli scelse come educatore il religioso, suo parente, Giuseppe Morisani, uomo di cultura noto a Reggio Calabria, che lo ebbe come allievo anche presso il seminario arcivescovile consigliandogli poi di proseguire gli studi a Napoli dove si trasferì giovanissimo.

Nella capitale del Regno fu allievo di Antonio Genovesi ed entrò in contatto con gli ambienti illuministici e massonici del Regno delle Due Sicilie. Qualche anno dopo fu ordinato sacerdote e ritornò a Reggio Calabria per divenire egli stesso precettore ed educatore, seguendo i principi del suo maestro, dedicandosi all’insegnamento della filosofia presso il Real Collegio.

In difesa dei beni della chiesa e contro le speculazioni edilizie, redasse, nel 1794, una nuova pianta della Piazza della Cattedrale di Reggio, al fine di certificare l’illegale comportamento della famiglia Ramirez che aveva costruito un edificio abusivo su un terreno di proprietà della curia. Benché la mappa fosse, in seguito, sottoposta al positivo esame di Ignazio Stile, uno degli ingegneri incaricati alla ricostruzione dei paesi della Calabria devastati del tremendo sisma del 1783, le legittime rimostranze della curia non incontrarono, presso le locali autorità, alcuna considerazione scontrandosi con la potestà di una delle più potenti e influenti famiglie del luogo.

Il 30 aprile 1794 venne nominato socio corrispondente delle Società Patriottiche Calabresi, in rappresentanza di Crotone.

Fece parte, pur appartenendo al “ceto dei nobili“, della “setta repubblicana“. Secondo le informazioni raccolte dalla polizia borbonica, era considerato un massone e in effetti fondò una loggia massonica, la prima ad essere istituita a Reggio e dalla quale dipendevano “quattro clubs giacobini” della provincia.

Fu arrestato (assieme ai suoi fratelli Luigi e Giovanni Battaglia e ad altri cinquanta massoni e/o giacobini di Reggio e della provincia), tra il 9 e l’11 dicembre 1797, con l’accusa di aver cospirato contro i Borbone, per il  coinvolgimento nella cosiddetta “congiura Logoteta” e nell’omicidio del generale brigadiere Giovanni Pinelli (12 settembre 1797) governatore della città. Dopo un breve soggiorno nelle carceri della Real Cittadella di Messina, fu imbarcato sulla fregata inglese “Europe” e trasferito presso il bagno penale di San Giacomo sull’isola di Favignana e rinchiuso nelle orride “fosse” del castello.

Dopo 22 mesi di dura detenzione fu rimesso in libertà il 14 ottobre del 1800 in seguito all’indulto concesso dal re ai “tinti di reità di Stato… a patto però d’essere loro proibiti l’impieghi”. Solo con l’ingresso a Reggio delle truppe di Giocchino Marat ebbe la possibilità di rientrare nella sua città. Nel 1813 il sottintendente Benedetto Musolino lo nominò “decurione” della “giunta di riedificazione“, incaricata di risolvere i problemi della ricostruzione della città dopo il rovinoso sisma del 1783. Nel contempo gli fu assegnata la cattedra di filosofia presso il Regio liceo cittadino, appena istituito da Murat. Apprezzato per le sue lezioni, sia dagli allievi e sia dalle autorità, ottenne dal Murat la medaglia d’onore dell’Ordine del Regno.

Il 17 marzo del 1816, subito dopo la “Restaurazione”, con il ritorno dei Borbone sul trono di Napoli, il suo nome fu incluso nello “Stato nominativo degli imputati di unioni clandestine in Calabria Ulteriore” e, quindi, nuovamente arrestato e trasferito a Napoli. Le prove a suo carico, presentate dal generale Vito Nunziante, riguardavano alcuni opuscoli “settari” che gli erano stati confiscati e nella dichiarazione giurata del suo alunno Teodoro Caffarelli, il quale aveva riferito di essere stato “iniziato dal suo professore” ai “misteri settari” della Massoneria. Tornato a Reggio dopo il carcere, riprese ad insegnare e a propagandare l’idea liberale: tra i suoi allievi vi furono i Melissari, gli Spanò Bolani, i Plutino, i Romeo e altri protagonisti del Risorgimento Italiano, alcuni dei quali parteciparono ai moti del biennio 1847-48, agli avvenimenti connessi alla spedizione garibaldina del 1860 ed alle vicende che portarono ai fatti d’Aspromonte del 1862.

L’ex allievo Paolo Pellicano scrisse nelle sue memorie che le lezioni di filosofia e di dottrine politiche del prof. Battaglia “erano così calde di giovanile entusiasmo che in noi s’accese più vivo l’odio contro gli oppressori e l’amore della libertà, e quelle prime idee posero in noi si profonde radici che per mutar di tempo e d’età non vennero mai meno”. Si racconta inoltre che durante una perquisizione dei gendarmi avrebbe gridato: “Ormai sono un povero vecchio… per voi è troppo tardi, le vipere che dovevo crescere ve le ho già cresciute“.

Morì a Reggio Calabria il 25 ottobre del 1839. La salma fu affidata al canonico Paolo Pellicano, suo allievo, che dispose di conservarla sotto l’altare secondario della chiesa di Nostra Signora di Modena distrutta poi dal terremoto del 1908.