GIOIA TAURO: LA STORIA

La piana di Gioia Tauro era abitata fin dal Neolitico per via della facile coltivazione. La zona era, inoltre, attraversata dai mercanti di ossidiana (vetro vulcanico naturale) che dalle Eolie giungevano in Calabria. I blocchi di ossidiana venivano lavorate dalle popolazioni locali come risulta dai numerosi reperti rinvenuti tra la piana di Lamezia Terme, il Poro e la Valle delle Saline nella Piana di Gioia. Il territorio fu, quindi, popolato per tutto il Neolitico inferiore e subì, in seguito, un lungo periodo di crisi per poi ripopolarsi nell’ultimo periodo del Neolitico. La scoperta delle vie per il commercio dell’ossidiana ha permesso, agli studiosi, di individuare le direttrici di comunicazione usate dai popoli della costa tirrenica per entrare in contatto con gli stanziamenti nella parte jonica della Calabria. Tra le più usate vi era il fiume Mesima sul Tirreno e il fiume Torbido sullo Jonio. Tutto ciò servì a convalidare la tesi che il territorio di Gioia Tauro fu abitato ancora prima della venuta dei Greci. Fu questa, infatti, l’area d’insediamento dei Taurini o Mataurini, indigeni italici dei quali sono stati ritrovati reperti e iscrizioni lungo il corso del fiume Metauro (oggi Petrace). Gli abitanti della zona subirono poi, probabilmente, la contaminazione degli Osci e più tardi degli Entri che accolsero favorevolmente, nell’VIII e VII secolo a.C., la venuta dei Greci. Nel VII secolo a.C. un gruppo di coloni Zanclei, forse provenienti dall’Eubea, s’insediarono in questa parte della regione fondando la città di Metauros che molti studiosi come il Barrio o il De Franciscis volevano ubicata nel territorio dell’odierna Gioia Tauro. Risalgono infatti al VII secolo a.C. i resti della necropoli portati alla luce in località Pietra. Le 1500 tombe con relativi corredi funerari starebbero a dimostrare che Metauros esisteva ancora prima della conquista locrese avvenuta nel VI-V secolo a.C. e che si trovava nel territorio di questo Comune. Questa città sorgeva tra la Repubblica di Locri e il territorio di Reggio e per questo costretta a subire le devastazioni di entrambe le potenze confinanti. Sotto il segno di Tiberio (14-34 d.C.) fu degradata a stazione navale per poi cadere in rovina nel II secolo d.C. Perse le tracce della città di Metauros non si hanno notizie nemmeno di quella di Gioia che apparirà per la prima volta in alcuni documenti angioini del 1264, al tempo di Carlo I conte d’Angiò e Provenza. Passata agli aragonesi fu concessa nel 1449 da Alfonso d’Aragona a Giovanni d’Alagno, fratello maggiore della bella Lucrezia di cui il re si era invaghito. Passò poi a Ugo d’Alagno che acquisì anche il titolo di Conte di Gioia. Comprata da Ferdinando I passò successivamente, ad Anello Arcomone che accusato di avere preso parte ad una congiura contro il re fu arrestato e privato del possesso della città. In quegli anni Gioia divenne un importante punto di transito del legname proveniente dalla Piana. Nel 1502 fu data in feudo perpetuo da Ferdinando il Cattolico al gran capitano Consalvo di Cordova che fu nominato, anche, duca di Terranova. L’anno successivo fu spettatrice della cruenta battaglia tra Aragonesi ed Angioini in cui persero la vita circa 6000 uomini. Fu quello uno dei pochi episodi cruenti degli anni di governo del capitano Consalvo che fino al 1545 assicurò a Gioia un periodo di prosperità. Con la dominazione spagnola iniziarono le scorrerie dei pirati turchi e algerini che costrinsero re Carlo V a costruire lungo la costa un sistema di torri d’avvistamento che permettesse alla popolazione di vedere in tempo l’arrivo delle bande nemiche. A Gioia fu costruita la cosiddetta torre quadrata i cui resti sono ancora visibili. Nel 1574 la città fu acquistata all’asta da Giovan Battista Grimaldi che divenne marchese di Gioia. La famiglia Grimaldi governava ancora la città quando nel 1735 Carlo III di Borbone conquistato il Regno di Napoli, venne a visitare la Calabria fermandosi alcune ore a Gioia. Parteggiò per i Borboni e favorì spesso lo sbarco di briganti e soldati antifrancesi. Con i francesi, nel 1806, la città divenne Università e fece parte della Calabria Ulteriore con capitale Monteleone. Nel 1811 divenne, invece, villaggio di Seminara con appartenenza al circondario di Palmi. La restaurazione borbonica nel 1816 fece riconquistare a Gioia l’autonomia comunale che ricadde nella provincia di Reggio Calabria. Dopo La proclamazione del regno d’Italia (1863) al nome di Gioia fu aggiunta la denominazione Tauro. Subì ingenti danni dal terremoto del dicembre 1908. Il 22 ottobre 1963 fu concesso a Gioia Tauro con decreto del Presidente della repubblica Antonio Segni di fregiarsi del titolo di “Città”. Per quanto riguarda l’etimologia del nome si crede che questo derivi dal greco “zoi” che vuol dire “vita” forse per via della sua terra fertile ricca d’acqua e del suo mare pescoso.

Tratto da: Vivincittà- ed. 2003