LEGGENDE CALABRESI: LA SIBILLA CUMANA E LA MADONNA

Si racconta che in una vallata dell’Aspromonte, immersa tra la fitta boscaglia, sorgeva una volta un castello nel quale viveva una donna non solo bellissima, ma anche molto sapiente, chiamata Sibilla Cumana. Aveva un fratello, di nome Marco, che l’aiutavo nel suo lavoro di educatrice delle figlie delle famiglie più facoltose della zona. Da lei, infatti, apprendevano le scienze e le arti ma anche a cucinare tanto che ad una allieva, che aveva chiesto come rendere più saporito il pane, rispose: “Metti l’acido”.

Nacque così, da quel momento, il pane fermentato da lievito che non manca ogni giorno su tutte le tavole imbandite in tutto il mondo.

La Sibilla scrisse anche molti libri che fece leggere alle sue alunne affinché ne tramandassero la memoria e gli insegnamenti.

Credendo di essere non solo la più bella donna del mondo, ma anche la più sapiente, era convinta che sarebbe stata lei la madre del Salvatore Gesù.

Tra le sue allieve c’era l’usanza di raccontarsi i sogni della notte precedente, sicché un giorno, una fanciulla di nome Maria le chiese il significato di un sogno che aveva come soggetto la luce.

La giovane raccontò infatti di aver visto un raggio di sole entrare nel suo occhio destro ed uscire da quello sinistro.

La Sibilla capì subito che Dio indicava in Maria la futura madre di Gesù, per cui fu profondamente scontenta e, accesa d’ira, volle distruggere i segni della sua arte e della sua scienza. Fece così accendere un grande fuoco nel cortile del castello ed ordinò alle sue allieve di bruciare tutti i suoi libri che possedevano e sui quali stavano studiando.

Maria, invece, non volendo privarsi di tutti i libri della Sibilla, riuscì a nascondere il più piccolo di essi nei lembi del suo lungo vestito e quando la Sibilla chiese ad una a una delle ragazze che cosa ne avevano fatto dei suoi libri, Maria un po’ smarrita e incapace di mentire, rispose: “L’ho”.

La sibilla intese che anche Maria  aveva obbedito al suo ordine e la lasciò stare.

Alcuni anni dopo la Sibilla dette segni di squilibrio tali che le alunne si diradarono e non la frequentarono più.

Un giorno, quando venne a sapere che Maria era diventata la mamma di Gesù, pianse disperatamente e cercò conforto nella sensibilità del fratello che, per vendicare la sorella, si mise alla ricerca di Gesù, e quando lo trovò gli dette uno schiaffo sulla guancia sinistra.

A causa di questa gravissima offesa al Figlio di Dio, Marco venne condannato a vivere per sempre rinchiuso nei sotterranei del castello, e a picchiare sui cancelli delle celle con la mano destra trasformata in una pesantissima mazza di ferro.

Anche la sorella ebbe un futuro poco roseo in quanto passò il resto dei suoi giorni fra i tormenti dell’invidia e dell’ira.

Dopo alcuni secoli da questi fatti, il castello divenne un ammasso di ruderi coperti dalle spine del bosco, tanto che neppure il sole lo illuminava più.

Di questo castello non restò traccia e nessuno oggi sa più dove si trovasse e come fosse realmente fatto.

 

Tratto dalla pubblicazione STORIE E LEGGENDE CALABRESI di Vincenzo Musca