I BORGHI REGGINI: CALANNA

Calanna (Kalanè  in greco-calabro) sorge in posizione eccezionalmente panoramica sullo Stretto di Messina, adagiata su un contrafforte aspromontano fra le fiumare di Catona a nord e Gallico a sud, a 18 chilometri della città metropolitana di Reggio Calabria lungo la strada che da Gallico Marina sale fino a Gambarie d’Aspromonte. È un comune autonomo facente parte della Comunità Montana Versante dello Stretto, con una popolazione di poco superiore alle 900 unità. I calannesi o calagnoti sono distribuiti oltre che nel capoluogo comunale anche nelle località Milanesi, Mulini di Calanna e Villa Mesa su un territorio di circa 11 Km quadrati avente un profilo geometrico irregolare ad un’altitudine media di circa 500 metri s.l.m.

L’economia è basata principalmente sull’agricoltura, con produzione di frutta, olio e vino.
La festa patronale di Calanna si svolge ad ottobre ed è dedicata alla Madonna del Rosario.

Le origini del borgo sono antichissime come testimonia la necropoli protostorica, scavata in un canalone artificiale ricavato nel calcare conchilifero. Ascrivibile ai secoli XIII-VII a.C., scoperta in modo casuale nel 1953 nella contrada Ronzo. Si tratta di 10 tombe a forno e a grotticella artificiale, ricoperte da lastroni di pietra squadrati che contenevano sepolture sovrapposte e scheletri in posizione fetale. Presenti inoltre corredi funebri quali suppellettili di tipo siculo, ceramiche vascolari di impasto grezzo e argilla depurata e altri reperti di fabbricazione sia locale sia di importazione. Di quello che era il sito originale è rimasto poco a causa di smottamenti susseguitosi nel tempo. I reperti sono visitabili al Museo Archeologico Comunale di Calanna inaugurato di recente.

A Villamesa, nella località Torrione, sono state scoperte tracce murarie riconducibili al periodo tardo romanzo-bizantino che fanno presupporre la presenza di una fortificazione più antica di quella presente a Calanna realizzata nel periodo normanno su probabili resti bizantini e che dominava la valle del Gallico con un importante ruolo militare nel controllo del transito nello Stretto di Messina. Di una certa importanza sotto gli aragonesi, fu la baronia dei Sanseverino di Mileto ai quali subentrarono i Ruffo di Sinopoli e, nella seconda metà del Quattrocento, se ne impossessa Bertoldo Carafa a seguito di una confisca politica. All’inizi del Seicento venne acquistata da Vincenzo Ruffo di Scilla. I Ruffo ne conservarono il possesso fino all’abolizione del feudalesimo (1806). Più volte rimaneggiata nel corso del tempo, oggi sono visibili l’accesso alla torre d’angolo est e la torre-carcere.

Al termine del restaurato dominio borbonico, fu annessa al Regno d’Italia, insieme al resto della regione. Distrutta dal terremoto del 1783 fu colpita anche dal sisma del 1908, a seguito del quale l’abitato fu trasferito sull’altopiano di San Teodoro.

Sotto il profilo storico-architettonico interessante è la chiesa parrocchiale, contenente, tra l’altro, pregevoli altari marmorei, un capitello bizantino-normanno e frammenti di sculture medievali, rinascimentali e barocche.